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COSENZA – “Ammetto gli addebiti precisando che nel corso delle indagini abbiamo chiesto per tre volte di rendere dichiarazioni confessorie. Ribadisco la volontà del risarcimento del danno nel più breve tempo possibile che mi sarà dato. Mi riservo di fornire ulteriori chiarimenti al pm titolare delle indagini”. Poche ma significative parole quelle pronunciate nel corso dell’interrogatorio di garanzia da Domenico Barile, ex presidente della Field (Fondazione innovazione emersione locale disegno del territorio), Ente in house della Regione Calabria, raggiunto nei giorni scorsi da un provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Catanzaro su un ammanco patrimoniale di 500.000 euro dalle casse della fondazione.
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SUL CASO DEL BUCO NELLE CASSE DELLA FIELD
Barile, comparso davanti al giudice per le indagini preliminari di Cosenza – città dove è ristretto – che lo ha sentito per rogatoria, affiancato dal suo legale, Roberto Le Pera (codifensore con Giancarlo Pittelli), si è avvalso della facoltà di non rispondere, rendendo solo dichiarazioni spontanee, e manifestando piuttosto l’intenzione di parlare davanti al pubblico ministero di Catanzaro titolare delle indagini che lo hanno coinvolto, Paolo Petrolo. E’ stato quest’ultimo a chiedere e ottenere dal gip del capoluogo calabrese, Maria Rosaria Di Girolamo, il provvedimento che ha portato Barile ai domiciliari, con l’accusa di peculato. Le indagini, condotte dagli uomini della Guardia di finanza, sono partite lo scorso dicembre da un dettagliato esposto presentato dal revisore dei conti della Field, cui seguì l’immediata decisione della Giunta regionale calabrese di sospendere Barile dall’incarico presso l’Ente.
Gli investigatori partirono subito con gli accertamenti necessari a verificare i movimenti di denaro avvenuti sul conto corrente della Fondazione, per identificare chi vi aveva accesso e chi, materialmente, dispose dei soldi. A metà gennaio l’attenzione dei finanzieri e del sostituto Petrolo era già concentrata su alcuni assegni circolari di diverso importo ed emessi per destinatari diversi, che i militari della Guardia di finanza hanno ritrovato presso diverse banche, tutti sottoscritti da Barile che, per parte sua, fin dall’avvio dell’inchiesta aveva chiesto di poter essere sentito dagli inquirenti. Cinquantuno, alla fine, gli assegni circolari “incriminati” con i quali Barile, secondo quanto ricostruito dettagliatamente dalle Fiamme gialle, usò i fondi della Field “a beneficio proprio e di soggetti allo stesso legati da rapporti personali ed economico finanziari e, comunque, per soddisfare esclusivamente proprie esigenze private”.
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