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CATANZARO – Svolgevano attività extraprofessionali in violazione della legge, così i finanzieri del comando provinciale di Catanzaro, su disposizione della procura regionale della Corte dei Conti, hanno sequestrato beni immobili, conti correnti e attività finanziarie per un valore di oltre 1,3 milioni di euro nei confronti di due docenti dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro.
L’importo costituisce il danno erariale che il sostituto procuratore regionale, Davide Vitale, al termine dell’operazione dei militari del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, denominata “Non lascio e raddoppio”, contesta ai due professori dell’università per aver svolto sin dal 2012 attività professionale non autorizzata e per aver ricoperto incarichi esterni assolutamente incompatibili con lo status di docente universitario “a tempo pieno”.
La normativa sul pubblico impiego, infatti, prevede l’assoluto divieto di svolgere attività professionali diverse e ulteriori, salvo casi particolari, che debbono essere debitamente vagliati e autorizzati.
Al fine di eludere il divieto, i due professori, secondo gli inquirenti, avevano anche qualificato gli incarichi incompatibili come generiche consulenze, sfruttando indebitamente la “Legge Gelmini” del 2010 che consente solo a determinate condizioni di svolgere attività di collaborazione scientifica e di consulenza. Dalle indagini è emerso che si trattava dello svolgimento di visite, di refertazione su esami clinici di laboratorio e di altre prestazioni tipiche dell’attività libero-professionale, in alcuni casi svolte addirittura negli studi privati dei due docenti.
L’ammontare del danno erariale contestato è stato determinato in base agli stipendi illegittimamente percepiti nel periodo 2012-2018 e alle somme riscosse attraverso l’indebita attività extraistituzionale, che avrebbero dovuto essere riversate nelle casse dell’ateneo e, invece, sono state incassate dai due docenti.
Tutte queste somme sono state sottoposte a sequestro conservativo da parte delle Fiamme Gialle, al fine di garantire il risarcimento alle casse dello Stato in caso di condanna.
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