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Una visita medica

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CATANZARO – Nel 2017 in Calabria sono stimati 10.450 nuovi casi di tumore (5.650 uomini e 4.800 donne).

I tumori più frequenti sono colon retto (1.600), seno (1.300), polmone (1.100), prostata (1.000) e stomaco (350). È quanto emerge da “I numeri del cancro in Italia 2017” realizzato dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), dall’Associazione italiana registri tumori (Airtum) e dalla Fondazione Aiom, presentato all’Azienda ospedaliera – universitaria Mater Domini di Catanzaro.

«Oggi – afferma Vito Barbieri, coordinatore Aiom Calabria e dirigente medico del Mater Domini – abbiamo a disposizione armi efficaci: immuno-oncologia e terapie target che si aggiungono a chemioterapia, chirurgia e radioterapia. Questo, unito alle campagne di prevenzione promosse anche da AIOM, si traduce nel costante incremento dei vivi dopo la diagnosi, più di 80.290 in Calabria».

Però, è stato rilevato, le percentuali di sopravvivenza sono inferiori alla media nazionale per «la scarsa adesione ai programmi di screening».

«I vivi dopo la diagnosi – prosegue Barbieri – presentano molteplici necessità, non solo di carattere clinico, a cui il sistema sanitario deve saper rispondere». Una delle vie da percorrere, è emerso nell’incontro, è rappresentata dall’istituzione della rete oncologica regionale, prevista dal Decreto del Commissario ad acta alla sanità. «All’interno della rete per l’oncologia medica – afferma ancora Barbieri – si identificano tre livelli di erogatori: Hub, Spoke e punti di offerta territoriali. L’Hub corrisponde all’attività di oncologia di secondo livello, a elevata specializzazione. Spoke implica l’attività di oncologia con disponibilità di posti letto in Day Hospital. I punti di offerta territoriali svolgono funzioni a bassa complessità, ad esempio procedure diagnostiche routinarie o follow up dei pazienti, coordinati dai centri di Hub e Spoke».

Sono state costituite Commissioni che stanno lavorando per emettere, a breve, un modello attuativo della rete. «La nuova riorganizzazione della rete ospedaliera (rete oncologica propriamente detta) – afferma Massimo Scura, commissario ad acta alla Sanità – pone tra gli obiettivi prioritari il miglioramento dell’offerta sanitaria sia nella prescrizione (screening) che nella diagnostica (PET), nella cura medica e chirurgica, dove dobbiamo ancora migliorare con la ricerca di professionisti di valore. Non ultimo, il recupero della mobilità passiva extra regionale. La razionalizzazione dell’offerta ospedaliera per il paziente oncologico è finalizzata, infatti, a rimodulare l’offerta con la riduzione dell’uso del ricovero ordinario e l’identificazione di percorsi diagnostico-terapeutici. Ciò implica la riduzione del numero di posti letto in degenza ordinaria in oncologia e la definizione di modalità di assistenza differenti: day hospital e prestazioni ambulatoriali. È necessario inoltre favorire l’accesso all’assistenza appropriata in strutture che si identificano come nodi della rete oncologica e definire le modalità di integrazione tra l’offerta ospedaliera e le risorse assistenziali di livello territoriale».

«È importante interpretare i dati epidemiologici – sottolinea Barbieri – per impostare programmi di prevenzione: si deve fare di più per ridurre l’impatto di questa malattia perché oltre il 40% delle diagnosi è evitabile seguendo uno stile di vita sano (no al fumo, attività fisica costante e dieta corretta). È scientificamente provato che il cancro è la patologia cronica che risente più fortemente delle misure di prevenzione».

I calabresi però sembrano ignorare questi consigli (PASSI 2013-2016): il 45,9% è sedentario, il 34% è in sovrappeso e l’11,2% obeso, percentuali superiori rispetto alla media nazionale (rispettivamente pari al 32,5%, 31,7% e 10,5%). È invece inferiore il tasso dei fumatori, pari al 24,7% (26,4% in Italia). 

«Al Sud ci si ammala di meno rispetto al Nord – afferma il dott. Sante Aldo Minerba, vicepresidente Airtum -. Alla base di queste differenze vi sono fattori protettivi che ancora persistono nel Meridione, ma anche una minore esposizione a fattori cancerogeni (abitudine al fumo, inquinamento ambientale ecc). Per quanto riguarda la sopravvivenza, sebbene con differenze meno elevate rispetto agli anni precedenti, si mantiene ancora un gradiente Nord-Sud, a sfavore delle aree meridionali, sia per il totale dei tumori che per alcune delle sedi principali. Fra i fattori che determinano in Calabria percentuali di sopravvivenza inferiori rispetto alla media nazionale vi è sicuramente la scarsa adesione ai programmi di screening organizzati».

In Calabria solo il 34,6% delle donne ha effettuato la mammografia per la diagnosi precoce del tumore del seno, il 31% ha eseguito il Pap test per la diagnosi iniziale del tumore del collo dell’utero (il 29% ha effettuato il test HPV) e solo il 24% dei calabresi si è sottoposto il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci per individuare in fase precoce il cancro del colon retto (dati al 31 dicembre 2017). Un altro decreto emesso dal Commissario ad acta ha posto le basi per una nuova programmazione degli screening oncologici e dei percorsi assistenziali necessari per la loro attivazione.

«Gli screening che prima non c’erano – afferma Scura – sono partiti negli ultimi due anni. I programmi di prevenzione secondaria per il cancro della cervice uterina e della mammella sono stati attivati in tutte le Asp, in tempi differenti, a partire dal 2005. Lo screening per il cancro del colon-retto è stato attivato in quattro Asp calabresi, in tempi diversi, a partire dal 2008. Le criticità che hanno determinato la caduta dell’estensione e dell’adesione vanno ricondotte in particolare alla carenza di personale medico e tecnico e di risorse strumentali. Per tutti i percorsi, anche a causa di queste difficoltà, vi è stato un eccessivo ricorso allo screening opportunistico, con il duplice effetto di sottrarre donne a programmi organizzati, abbassando l’adesione, e di aumentare l’inappropriatezza del test con conseguente incremento del carico di lavoro delle Oncologie coinvolte».

In Calabria nel 2014 sono stati 4.698 i decessi attribuibili a tumore. Nella Regione la neoplasia che ha fatto registrare il maggior numero di decessi è quella del polmone (743), seguita da colon retto (591), seno (314) stomaco (286) e fegato (237).

«Sono oltre 3 milioni e trecentomila gli italiani che vivono dopo una diagnosi di cancro – conclude Stefania Gori, presidente nazionale Aiom -. È un numero importante che evidenzia il peso della patologia oncologica e lo sforzo continuo per migliorare la sopravvivenza dei pazienti non solo in termini quantitativi ma anche di qualità di vita. Oggi le due neoplasie più frequenti, quella della prostata negli uomini e del seno nelle donne, presentano sopravvivenze a 5 anni pari a circa il 90%, con percentuali ancora più elevate quando la malattia è diagnosticata in stadio precoce».

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