Un'operazione della polizia
3 minuti per la letturaLAMEZIA TERME (CATANZARO) – Dai piccoli esercizi commerciali a grandi aziende, tutti vittime di estorsioni e minacce e costrette e pagare il “pizzo” alla cosca Giampà di Lamezia Terme.
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SULL’OPERAZIONE FILO ROSSO
Nonostante avessero già vissuto un periodo in carcere, dopo le operazioni “Medusa” e “Perseo” contro la cosca di ‘ndrangheta, alcuni esponenti erano tornati in libertà ed avevano ripreso l’attività criminale, costringendo i negozi a pagare o con merce anche di poco valore oppure attraverso la richiesta periodica di somme di denaro anche ingenti.
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E’ questo il quadro che emerge dall’operazione “Filo Rosso” condotta dalla Squadra Mobile di Catanzaro, dal Commissariato di polizia di Lamezia Terme, con la collaborazione del Servizio centrale operativo e con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
Imprenditori e commercianti vessati
Per costringere gli imprenditori a pagare, gli esponenti della cosca avrebbero utilizzato le intimidazioni con bottiglie incendiarie e danneggiamenti con ordigni esplosivi davanti agli esercizi. Ma la polizia ha anche ricostruito diverse attività di spaccio di sostanze stupefacenti, a conferma di un’organizzazione criminale impegnata su più fronti. Saverio Giampà, uscito dal carcere per fine pena nell’ottobre 2016, insieme a due affiliati sottoposti ancora uno agli arresti domiciliari e l’altro alla sorveglianza speciale, avrebbe ripreso l’attività criminale, non sapendo però di essere intercettato in ogni suo spostamento.
Tra le intimidazioni portate a termine, anche un ordigno artigianale posizionato davanti al cancello del cantiere per la realizzazione del nuovo palazzetto dello sport di via del Progresso per costringere la ditta impegnata nei lavori a cedere alle richieste estorsive.
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La contrapposizione tra Giampà e Torcasio
Le indagini hanno anche evidenziato la netta contrapposizione tra la cosca Giampà e il clan dei Torcasio, storici avversari, al punto che dopo l’operazione della Dda contro i Torcasio per detenzione di armi, i Giampà avrebbero avuto momenti di fibrillazione perché preoccupati del possesso di altre armi da parte degli stessi rivali.
Lo scontro interno al clan Giampà
Un clima particolarmente teso, dunque, al punto da scatenare anche frizioni interne al clan Giampà. Come nel caso dell’ordigno esplosivo piazzato davanti casa di Saverio Giampà, con il danneggiamento della porta di ingresso e dell’autovettura dell’uomo. Subito dopo uno degli affiliati, risultato legato ai Notarianni, sarebbe stato prima pestato selvaggiamente, quindi sarebbe stato costretto a lasciare la città per evitare di rimanere vittima di una imboscata. Per scongiurare eventuali delitti, la polizia ha quindi deciso di chiudere le indagini e portare a termine l’operazione.
L’attività di indagine
I destinatari delle misure restrittive sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso e di numerose estorsioni a carico di esercizi commerciali ed imprenditori di Lamezia Terme, oltre che di una serie di intimidazioni consistite nel posizionamento di bottiglie incendiarie nei pressi delle attività commerciali e di danneggiamenti con l’utilizzo di ordigni esplosivi.
Le indagini sono state condotte, con il concorso del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, dai poliziotti della Squadra Mobile di Catanzaro e del Commissariato di Lamezia Terme, e sono state coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, con il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e il sostituto Elio Romano, con la supervisione del procuratore capo, Nicola Gratteri.
I nomi degli arrestati
L’operazione “Filo rosso” ha portato in carcere Gianluca Giovanni Notarianni, alias “Luca”, di 24 anni; Saverio Giampà, 30 anni; Pasquale Notarianni, 31; Luigi Leone, 33; Giuseppe Cappello, alias “Cutulicchio”, 33; Michele Bentornato, alias “U grassu”, 32; Fabio Vescio, 20; Alessandra Folino, 31, tutti di Lamezia Terme. In manette, a Pizzo Calabria, anche Michael Mercuri, 28 anni.
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