Lo sgombero del residence di Falerna
3 minuti per la letturaFALERNA (CATANZARO) – È in corso lo sgombero del Residence degli Ulivi, l’ex hotel da 80 camere di località Torre Lupo Schipani, a Falerna, in provincia di Catanzaro, preso in fitto da un consorzio di cooperative sociali e convertito in centro di accoglienza per richiedenti asilo durante la cosiddetta “Emergenza Nord Africa”.
La struttura è ancora abitata da circa duecento migranti, nonostante il governo abbia ufficialmente dichiarato chiuso il piano nazionale di accoglienza il primo marzo 2013. Nello specifico, il 28 febbraio 2013, con un’ordinanza della protezione civile nazionale, è stata dichiarato concluso il piano emanato il 12 febbraio 2011 con il quale, prevedendo l’arrivo di 50.000 migranti – in realtà ne sono poi arrivati meno di 20.000 – è stato stabilito lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale per «l’eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Nord Africa a causa del conflitto in Libia e dall’evoluzione degli assetti politico-sociali nei paesi della fascia del Maghreb e dell’Egitto».
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E oggi, a oltre cinque mesi dalla chiusura di quel piano, come avevano previsto i suoi tanti critici, quella impostazione emergenziale ha lasciato dietro di sé situazioni gravissime di violazione, non solo dei più elementari diritti di accoglienza e cittadinanza, ma anche semplicemente umani.
Il cara di Falerna aveva aperto il 15 aprile 2011, accaparrandosi la gestione di 180 migranti. Le cooperative che hanno ottenuto l’incarico diretto di gestire il centro hanno lasciato il campo durante la prima settimana di marzo del 2013. Ma la struttura è rimasta di fatto nella disponibilità degli ospiti che – dopo la formale “buonuscita” effettuata nel commissariato di Lamezia Terme e la consegna dei documenti in regola e un bonus di 500 euro a persona – sono ritornati a vivere nel Residence degli Ulivi. E ci sono rimaste fino ad oggi.
Nei mesi scorsi il Comune di Falerna ha più volte minacciato di interrompere l’erogazione dell’acqua potabile visto che l’importo delle bollette non pagate è diventato esorbitante. Mentre tra la società Eurolido, proprietaria dell’immobile, e le cooperative che hanno gestito il centro di accoglienza fino al marzo 2013 si è aperto un contenzioso sulle modalità del rilascio dell’immobile, che di fatto è rimasto in mano ai migranti, non solo quelli che già vi hanno alloggiato dal 2011 al 2013 ma anche quelli che hanno saputo che a Falerna c’era un posto dove trovare casa.
Nello scorso mese di novembre, nell’ambito della campagna nazionale di monitoraggio dei centri di accoglienza denominata “LasciateCientrare”, alcune associazioni calabresi hanno fatto visita al Residence.
«Abbiamo visto persone sofferenti, affette da quelle che vengono definite “malattie da disagio”. Ci siamo imbattuti in ragazzi con le dita mozzate, vittime di incidenti stradali accaduti durante i loro trasferimenti lungo la statale 18 verso i luoghi di lavoro, verso le campagne di Campora San Giovanni. Abbiamo visto – hanno scritto ancora gli attivisti – alcune delle 8 donne presenti nella struttura in stato di gravidanza, alcune con bambini in braccio. Abbiamo visto minori non accompagnati, sbarcati da poco in Italia: ragazzini cresciuti in fretta, tra le torture delle carceri libiche e le traversate in mare di navi cariche di morte. Abbiamo incontrato persone che cercano di sopravvivere e di far sopravvivere le loro famiglie accettando lavori di sfruttamento e piegandosi a qualsiasi condizione di lavoro e di sopravvivenza. Ma, al netto delle responsabilità di tutti gli enti preposti per la totale indifferenza perpetrata nel corso degli anni nei confronti dei migranti di Falerna, e per l’evidente mancanza di progetti finalizzati a processi di vera inclusione, ci chiediamo quanto sia legittimo sgomberare uno stabile senza che le persone ospitate al suo interno siano state formalmente informate delle operazioni di cui sarebbero destinatarie (con notifica tradotta in lingua), e/o preventivamente coinvolte in una consultazione genuina, così come prescritto dal diritto internazionale in materia di sgomberi. In quello stabile ci sono uomini, donne e bambini la cui unica colpa è quella di aver trovato nella struttura del “Residence degli Ulivi” la loro ultima spiaggia. Uomini, donne e bambini che entro pochi giorni si ritroveranno a dormire per strada, al gelo, nei giacigli di fortuna delle stazioni. Ancora una volta, esposti all’umiliazione di essere rifiutati, allontanati, respinti».
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