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CATANZARO – La Protezione civile calabrese sposa le nuove tecnologie per ampliare la propria efficienza. Sarà presentata a breve “Easy Allert”, un’applicazione scaricabile da tutti i cittadini che diventeranno attori della tutela del territorio grazie alla possibilità di segnalare alluvioni, frane, incendi, fiumi in piena scattando una foto.
Funziona in modo semplice, “easy” appunto, il satellite geolocalizza il luogo e la sala operativa invia i soccorsi in tempo reale. Si può segnalare anche la presenza eventuale di persone in pericolo per allertare i medici. Il tempo è il miglior alleato della prevenzione, se il sistema funziona bene, ma quando le disgrazie sono già in corso rischia di diventare il peggior nemico.
Solo per casi fortuiti le due ultime più gravi alluvioni avvenute in Calabria hanno fatto una sola vittima, nella Piana di Gioia Tauro. A Rossano, giusto un anno fa, la fortuna ha voluto che l’evento calamitoso si verificasse alle otto di mattina quando le persone erano sveglie, quindi avevano coscienza di quello che accadeva, e ancora non erano uscite da casa. Se si fossero trovate in strada o in spiaggia quando è arrivata l’acqua sarebbe stata una strage, e se fosse accaduto di notte sarebbero stati sorpresi nel sonno. Invece a quell’ora hanno avuto la lucidità di scappare sui piani alti degli edifici.
E ancora prima la forte alluvione della Locride e della Piana di Gioia Tauro spazzò letteralmente via la ferrovia in molti tratti e fece moltissimi danni nel reggino.
Carlo Tansi, chiamato a dirigere la Protezione civile della Calabria, da moltissimi anni evidenzia quanto sia importante la prevenzione (LEGGI L’ALLARME LANCIATO DAI GEOLOGI CALABRESI ALL’INDOMANI DELL’ALLUVIONE). Geologo con un importante background, ha studiato a fondo il territorio e ne conosce limiti e criticità.
In questi mesi è cambiata la sensibilità dei sindaci sul fronte della prevenzione?
«Molti sindaci si lamentavano che in passato non arrivavano le allerta meteo. In Liguria e in Sardegna dove il sistema non ha funzionato, alluvioni con la stessa intensità di quella avvenuta in Calabria hanno fatto decine di morti. Invece da noi ha funzionato, è chiaro che sono previsioni e non sempre si verifica esattamente come le previsioni del tempo però sono fondamentali perché salvano la vita».
Ci sono opere importanti che avete individuato come Protezione civile dove poter intervenire?
«Devo rivolgere un appello drammatico: ci sono tantissime situazioni a rischio soprattutto nelle fiumare, gli argini sono stracolmi. Quando si verifica un’alluvione, i detriti vengono portati verso il mare, e questo è un percorso virtuoso della natura, altrimenti non esisterebbero le spiagge, però purtroppo poi l’uomo ci mette del suo perché costruisce sui corsi d’acqua o sui versanti in frana. Se si evitasse di costruire in quelle zone avremmo molti meno rischi. Ogni volta che c’è una grande alluvione, come a Rossano o nella Locride, i fiumi depositano detriti e l’alveo si alza perché ogni strato si somma all’altro. Soprattutto nella Locride ampi tratti di argini sono stati completamente azzerati, sommersi dai detriti, e alla prossima alluvione si rischia di fare una carneficina, di recare un danno molto grave».
Chiariamo chi deve pulire le fiumare?
«Noi abbiamo una grande risorsa che poche altre regioni in Italia possono contare, quasi 7500 operai forestali che sarebbero fondamentali per poter pulire gli alvei, però non possono togliere milioni, forse miliardi, di metri cubi di detriti dagli alvei solo con pala e piccone, bisogna dotarli di mezzi meccanici adeguati, escavatori, pale meccaniche, che non hanno mai avuto. E poi devono essere coordinati con le altre strutture regionali, in tal senso poche settimane fa è stata approvata una legge regionale che mette il personale di Calabria Verde a disposizione della Protezione civile in condizioni di emergenza, questo è già un primo punto di partenza. Il problema è che finora si è sempre lavorato a compartimenti stagni, senza programmazione, invece si deve creare una filiera nell’affrontare questi problemi in modo che si passi dalla prevenzione all’emergenza. E’ in questo periodo che si puliscono le fiumare. Mi chiamano da ogni parte ma la Protezione civile dovrebbe intervenire in emergenza, non nella normalità. Anzi, se si facesse un’ottima prevenzione, la Protezione civile in teoria non avrebbe neanche ragione esistere».
I Comuni lamentano spesso la carenza di risorse.
«E’ vero, spesso non hanno risorse e devo dire che ho constatato di persona che in passato i soldi della programmazione dei fondi europei sono stati distribuiti a seconda del colore politico, di destra e di sinistra. E’ un dato oggettivo che ho verificato e posso assicurare che è in via di esaurimento. Le risorse sono comunque sempre poche rispetto alle necessità, in ogni caso ci sono forti responsabilità di quei sindaci che spesso non vigilano sulle case abusive oppure addirittura danno le autorizzazioni a fini elettorali con la complicità dei tecnici, ingegneri, architetti e geologi. Per i reati ambientali negli ultimi anni le pene sono state inasprite, grazie alla legge sollecitata da don Luigi Ciotti di Libera, e i tempi di prescrizione sono stati allungati. Non sarà più come prima e credo che questo i sindaci lo abbiano recepito».
Altra battaglia è quella tutta interna al sistema regionale della Protezione civile, aveva ragione Gratteri quando se la prendeva coi burocrati.
«Il discorso è molto semplice. Quando si fa Protezione civile bisogna intervenire subito e dare risposte immediate. Non possiamo perdere mesi e mesi a far passare le carte da una scrivania all’altra. Ogni giorno litigo col funzionario di turno per accelerare le carte, e quello agisce anche con la connivenza di qualche sindacato, uno in particolare, che difende l’indifendibile ovvero i fannulloni. Purtroppo ho trovato molti che non sanno come passare il tempo ed è impensabile in una struttura di Protezione civile. Finora è stato un grande teatro, da una parte c’erano milioni e milioni che passavano e dall’altro pochi tecnici e qualità bassa. La Lombardia ha 27 tecnici con 10 milioni di persone, noi ne abbiamo 180 tra cui molti telefonisti e autisti. Io sto cercando di tagliare questo numero e aumentare geologi e tecnici che hanno cognizione di quello che si deve fare sul territorio. Quelle persone non verrebbero licenziate ma solo spostate in altri ambiti della Regione, e quando cerco di fare questo i sindacati mi si scagliano contro. La Protezione civile era un eldorado, c’era anche chi faceva 300 ore di straordinario al mese, roba da pazzi. Per non parlare dell’esito delle gare che vedevano come vincitori sempre gli stessi grandi gruppi imprenditoriali, naturalmente supportati da un humus di gente che evidentemente aveva il proprio tornaconto».
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