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CATANZARO – Si sono conclusi con dodici condanne – a pene comprese fra 8 mesi di reclusione e 7 anni di reclusione – e tre assoluzioni i quindici giudizi abbreviati chiesti da altrettanti imputati dell’operazione «Show down», condotta dai carabinieri e dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contro presunti appartenenti alla cosca Sia-Procopio-Tripodi attiva nell’area ionica del Soveratese. Il giudice distrettuale dell’udienza preliminare, Assunta Maiore, ha emesso questo pomeriggio la sua sentenza, al termine dei riti alternativi che sono valsi agli imputati lo sconto di un terzo sulla pena.
Il pubblico ministero aveva chiesto quindici condanne – a pene comprese fra 14 anni di reclusione e 3 anni -, ma il gup ha inflitto: 6 anni di reclusione a Vincenzo Alcaro (il pm ne aveva chiesti 10), 47 anni, nato a Soverato, il brigadiere dei carabinieri in servizio al reparto operativo del Comando provinciale di Catanzaro, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa perchè, secondo le ipotesi degli inquirenti, avrebbe fornito ai componenti dell’associazione mafiosa informazioni sulle operazioni di servizio che venivano svolte dai suoi colleghi nei confronti della stessa cosca Sia-Procopio-Tripodi; 3 anni e 4 mesi a Bruno Procopio (chiesti 3 anni e 8 mesi); 5 anni e 8 mesi a Vincenzo Bertucci (chiesti 12 anni); 7 anni 6 mesi e 20 giorni a Patrick Vitale (chiesti 12 anni e 24.000 euro); 1 anno e 300 euro di multa a Francesco Vitale (chiesti 4 anni e 1.000 euro); 1 anno a Giuseppina Mirarchi (chiesti 3 anni); 4 anni e 935 euro a Pannìa Salvatore (chiesti 14 anni); 8 mesi e 1735 a Pietro Danieli (chiesti 3 anni e 14.000 euro); 4 anni e 8 mesi a Angelo Procopio (chiesti 10 anni); 6 anni e 8 mesi a Giuseppe Santo Procopio (chiesti 10 anni); 6 mesi 20 giorni e 1000 euro a Vincenzo Ranieri (chiesti 8 anni e 24.000 euro); 1 anno e 4 mesi a Vincenzo Todaro (chiesti 3 anni e 14.000 euro). Completamente assolti, invece, Daniela Iozzo (per la quale il pm aveva chiesto 4 anni di reclusione e 18.000 euro di multa); Pietro Aversa, detto «Mister» (chiesti 6 anni); Vincenzo Mirarchi (chiesti 3 anni).
Per gli altri imputati di «Show down» è in corso il processo dibattimentale, che riprenderà il 3 giugno – ma tre di loro, Maurizio Tripodi, Michele Lentini e Davide Sestito, saranno processati dalla Corte d’assise per le specifiche accuse dell’omicidio e occultamento di cadavere di Giuseppe Todaro
Si tratta, oltre a Lentini, Tripodi e Sestito, di Fiorito Procopio, Alberto Sia, Antonio Gullà, Simone Borello, Pietro Cristofaro, Emanuele Procopio, Giuseppe Agresta, Francesco Chiodo, Sandrina Froiio, Pasqualino Greco, Luca Iiritano, Vincenzo Liotta, Saverio Mirarchi, Salvo Gregorio Mirarchi, Giovanni Nativo, Giuseppe Pileci, Cristian Giuseppe Pirelli, Emanuel Procopio, Fiorito Procopio, Francesco Procopio, Laura Procopio, Massimo Procopio, Giandomenico Rattà, Mario Franco Sica, Teodoro Sinopoli, Emanuela Spadea, Lucia Tassone, Luigina Tripodi, Vito Tripodi, Andrea Vono. Infine, lo scorso 18 gennaio tre imputati hanno patteggiato la pena, e cioè Vittorio Sia, un anno di reclusione e 5.000 euro di multa; Antonio Conca, 10 mesi e 3.000 euro, e Francesco Paparo, 9 mesi e 3.000 euro. Le indagini di «Show down» hanno avuto inizio dalla scomparsa di Giuseppe Todaro per un caso di «Lupara bianca», avvenuta il 22 dicembre 2009. Il blitz fu portato a termine in due diverse tranche, una scattata all’alba del 15 dicembre 2011 (LEGGI LA NOTIZIA), per l’esecuzione di un provvedimento di fermo a carico di diciotto persone, e una che risale al 10 maggio scorso, per la notifica di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di dodici persone e di obbligo di firma per altre tre. Le accuse complessivamente contestate, a vario titolo, vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, al sequestro di persona, estorsione, rapina, ricettazione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, omicidio e occultamento di cadavere. L’inchiesta condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e della Compagnia di Soverato, a cui ha collaborato anche il Ros, ha ricostruito i contrasti interni sorti tra gli schieramenti una volta uniti dei Sia e dei Todaro, sostenuti rispettivamente dalla cosche Vallelunga e Novella da un lato e Gallace dall’altro. Una frattura che ha portato a una vera e propria guerra di mafia con decine di omicidi commessi tra il 2009 e il 2011.
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