Una fase dell’operazione Karpanthos
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“Soldi in cambio di voti”: le nuove rivelazioni dell’ex boss di Cerva sulla mafia dei boschi. «Aspettò con l’accetta davanti al cimitero il fratello del sindaco Rizzuti»
CATANZARO – Ventimila euro in cambio dell’appoggio elettorale del clan. Le gole profonde della mafia dei boschi continuano a cantare. Il nuovo verbale prodotto dalla pm Antimafia Veronica Calcagno nel corso della maxi udienza preliminare a carico di 71 imputati è quello dell’ex “capo” di Cerva, come si definisce lo stesso Vincenzo Antonio Iervasi, l’ultimo della serie di collaboratori di giustizia che si sono pentiti dopo gli arresti nell’operazione Karpanthos, condotta dalla Dda di Catanzaro e dai carabinieri contro le cosche della Presila catanzarese e i loro alleati del Crotonese.
È l’inchiesta che già ha portato allo scioglimento per mafia del Comune di Cerva. Proprio in seguito alla nuova produzione è slittata la decisione del gup sulle 18 richieste di rinvio a giudizio e le 52 di ammissione al rito abbreviato poiché le difese chiedono di esaminare gli atti. Iervasi, in quelle dieci pagine, conferma l’impianto accusatorio secondo cui alle elezioni del giugno 2017, in cambio del sostegno fornito da Tommaso Scalzi, presunto esponente di vertice delle cosche, i politici gli avrebbero procurato somme di denaro e avrebbero promesso una percentuale sugli appalti pubblici aggiudicati dal Comune. La fonte di Iervasi era Massimo Rizzuti, dipendente comunale e fratello di Fabrizio, l’ex sindaco di Cerva che figura tra gli imputati.
MAFIA DEI BOSCHI: “SOLDI IN CAMBIO DI VOTI” E LO SCIOGLIMENTO DEL COMUNE DI CERVA
«Mi ha detto che ha dato una mano a loro Tommaso Scalzi… i voti glieli ha raccolti, perché fa un po’ paura, sotto imposizione. Scalzi è conosciuto come un pezzo grosso, ha fatto tanti anni di carcere, ha praticato con Franco Coco trovato». Il riferimento è al boss di Marcedusa, oggi al 41 bis, tra i capi della ‘ndrangheta lombarda. “Imposizione” del voto di scambio, dunque, tanto più che siccome Scalzi non veniva pagato una volta avrebbe atteso Massimo Rizzuti «davanti al cimitero con un’accetta». Ma Iervasi è uno che incrocia le fonti. «A me Tommaso Scalzi ha detto che sia Raffaele Scalzi che Massimo Rizzuti gli avevano fatto una promessa di 20mila euro».
ESTORSIONI E PORCHETTA
Iervasi racconta anche un summit per la spartizione delle estorsioni tenutosi a casa sua alla presenza del boss di Mesoraca, Mario Donato Ferrazzo, indicato come il “capo” della montagna. «Ci siamo mangiati una porchetta, abbiamo parlato di chi doveva prendere le estorsioni. A Magisano si parlava di Pasquale Scorza, a Petronà c’erano i Bubbo che dovevano guardarsi solo i boschi, mentre Mario Gigliotti per i Carpino doveva guardarsi solo i lavori edili; su Andali se la doveva vedere Gigi Pane».
I MATRIMONI DEL CLAN
«Mi manda Iervasi, uomo d’onore». Bastava la parola “uomo d’onore” e lo sconto al ristorante era assicurato. Emerge dalle conversazioni intercettate nell’ambito dell’inchiesta e per questo la pm chiede a Iervasi perché lo chiamassero “uomo d’onore”. Il ristorante era l’agriturismo Petra Nastase di Isola Capo Rizzuto, gestito da Santino Lequoque, coinvolto nell’operazione Jonny. Una scelta, quella di Iervasi, che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, è «una conferma della sua contiguità alla cosca Arena». Perché il ristorante sarebbe stato scelto spesso dagli Arena come sede per i summit.
Di convivi che erano “vere e proprie riunioni di mafia” nell’agriturismo parla anche il collaboratore di giustizia Santo Mirarchi. Iervasi poi sceglierà un altro ristorante per il suo matrimonio ma racconta che volevano seguire la scia di una persona che il sindaco Fabrizio Rizzuti, imputato con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso, aveva sposato anche se non poteva officiare il rito civile fuori dal proprio Comune, in quel ristorante. Con Rizzuti, già vicepresidente della Nazionale di calcio dei sindaci, Iervasi dice di essere “cresciuto” insieme giocando a calcio. Fu proprio partecipando a un matrimonio nell’agriturismo di Isola che apprese dallo sposo che «a Sellia avevano fatto una sala intercettazioni».
IL SUMMIT DI ISOLA
«Continuavamo ad andare a Isola anche se ci avevano detto di dipendere da Ferrazzo». Il “feeling” tra le famiglie di ‘ndrangheta di Petronà e Cerva con la cosca Arena risale al 2006, quando gli isolitani imposero la pax. Ecco una serie di omicidi sventati per la mediazione dei pezzi grossi del clan del Crotonese tra i quali Iervasi indica Giuseppe Arena, Franco Gentile, Paolo Lentini. «Prima della pace, dato che si sapeva che i Bubbo non volevano Giuseppe Rocca, si stava organizzando di uccidere Filippo Bubbo a Lecco».
Da Lecco si precipitò in Calabria Franco Carpino, il boss di Petronà, che si rivolse ai plenipotenziari degli Arena perché Rocca «non si doveva toccare». E così fu. In quella fase Iervasi e altri uomini della mafia dei boschi tra cui i pentiti Mario Gigliotti (che fa dietrofront dopo le minacce) e Domenico Colosimo pianificavano l’omicidio di un esponente della compagine avversa proprio per scongiurare che venisse colpito un loro affiliato.
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