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Petronà, dallo scontro fra i clan Carpino e Bubbo al summit di Isola per la pax: il nuovo pentito e la faida dei boschi, crepe nel mistero. Colosimo scampò a un agguato. Forse sa molto sulla lunga scia di sangue
PETRONÀ – Una cruenta faida ha insanguinato i boschi della Presila fino a quando la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto non ordinò la pax mafiosa a due famiglie che si facevano la guerra da vent’anni. Nella sfilza di agguati c’è anche quello a cui scampò il nuovo pentito delle cosche della montagna, Domenico Colosimo detto “’Ndrina”, che starebbe parlando da mesi con gli inquirenti della Dda di Catanzaro, dopo l’arresto, nel settembre scorso, nell’operazione Karpanthos con l’accusa di essere un esponente di vertice della cosca Carpino, contrapposta a quella dei Bubbo. Forse sa molto su quella guerra a cui avrebbe preso parte, se il collaboratore di giustizia Danilo Monti lo definisce “azionista”.
Nella montagna catanzarese oggi detta legge la ‘ndrangheta crotonese, che ha riempito il vuoto lasciato dal boss di Marcedusa Franco Coco Trovato, il quale, trasferitosi a Lecco, proiettò al Nord gli interessi della sua organizzazione criminale fino a divenire uno dei capi del “consorzio” mafioso lombardo. Quella oggi è zona d’influenza della cosca Ferrazzo di Mesoraca. Sette su 52 degli arrestati nell’operazione Karpanthos sono mesorachesi. Un tempo, però, l’ultima parola doveva dirla la famiglia Arena di Isola Capo Rizzuto, che nel 2006 aveva la forza per imporre il diktat per la pax. E a un tavolo dovettero stringersi le mani di quanti avevano ucciso e di quanti avevano subito perdite di stretti congiunti. Fine alle vendette, stroncata sul nascere quella che forse Colosimo aveva in animo di intraprendere, per rispettare l’impegno preso al vertice nella località S. Anna di Isola a cui lui stesso prese parte.
IL MISTERO DELLA FAIDA DEI BOSCHI, LE TAPPE DELLA STRAGE
Ripercorriamo gli anni di piombo, quelli su cui potrebbe fare luce il pentito. La sequela di fatti di sangue vede contrapposte le cosche storicamente operanti a Petronà, i Carpino, detti “Tratraculo”, e i Bubbo, detti “Bubbi”. Alla cosca Carpino è strettamente legato il gruppo dei Cervesi, loro articolazione a Cerva, dove il Comune è stato sottoposto ad accesso antimafia in seguito all’arresto del sindaco Fabrizio Rizzuti nell’operazione Karpanthos. Il sangue si inizia a spargere a Petronà il 18 agosto del ’92. Il primo a cadere è Gaetano Elia. Rimane ferito anche il suo compagno di viaggio, Giuseppe Colosimo, resta illeso Alberto Carpino.
Un anno dopo, il 19 agosto, a Botricello, viene ucciso Santo Bubbo e rimane gravemente ferito il cognato Antonio Puccio. Omicidio e tentato omicidio commessi, dicono le sentenze, da Alberto Carpino, Saverio Gentile e Luigi Scalese su mandato di Rodolfo Pane, boss di Belcastro loro alleato. Ma il solo ad essere portato in carcere quando la sentenza diviene definitiva è Scalese, perché Carpino e Gentile nel frattempo vengono assassinati a loro volta. Carpino, il 4 febbraio del 2000, viene assassinato da tre uomini col volto coperto nel bar nella piazza centrale del paese.
Intanto, altri cadono nello scontro tra opposte fazioni. La drammatica conta prosegue con un caso di lupara bianca perché l’1 ottobre ’93, a Morbegno, in provincia di Sondrio, viene denunciata la scomparsa di Giuseppe Colosimo. Il 23 ottobre successivo a Lecco un commando tenta di uccidere Vittorio Talarico, zio di Gaetano Elia e Giuseppe Colosimo. Soltanto tre giorni dopo, il 26 ottobre, Saverio Gentile resta vittima di un agguato e nello stesso frangente viene ferito Ettore Talarico.
I CINQUE ANNI DI TREGUA DAL 1995 AL 2000
Nel ’95 subentra la tregua, rotta bruscamente il 4 febbraio del 2000 con l’omicidio eccellente di Alberto Carpino, freddato da tre uomini col volto coperto che entrano in azione nel centralissimo bar Macondo. Le indagini non consentono di individuare i killer ma documentano il progetto di vendetta dei Carpino. Da un’informativa dei carabinieri si ricava che nel mirino finiscono Filippo e Raffaele Bubbo, elementi di spicco dell’omonimo clan. Lo scontro si acutizza il 25 ottobre 2001 quando viene assassinato Luigi Antonio Turello, vicino ai Carpino.
La risposta di fuoco è il 2 luglio 2003, vittima Eugenio Gentile, affiliato ai Bubbo. Ferito nella circostanza Giuseppe Rocca, esponente dei Carpino. L’8 luglio 2003 lo scontro si sposta nella vicina Cerva dove viene assassinato Giuseppe Iervasi, uomo dei Carpino. Il 13 ottobre 2003 ad Andali cade Angelo Sculco, vicino ai Carpino. Il 12 maggio 2004, a Petronà mentre rincasa, sconosciuti tentano di uccidere Domenico Colosimo. Il 13 settembre 2005, ad Andali, vicino casa sua, viene freddato Luigi Barberio, vicino al gruppo di Angelo Sculco. L’ultimo morto il 10 aprile 2006, a Terranova Bracciolini, nell’Aretino, dove vengono assassinati i fratelli Angelo ed Ettore Talarico.
Una sfilza di omicidi compiuti nell’arco di quasi un ventennio.
IL MISTERO DELLA FAIDA DEI BOSCHI, IL SUMMIT DELLA PACE
Il summit che suggella la pace si tiene a Isola Capo Rizzuto, nella località S. Anna. Vi prendono parte esponenti delle cosche Carpino e Bubbo, ma anche Tommaso Scalzi, uomo di fiducia del boss Franco Coco Trovato. Per gli Arena c’è Paolo Lentini, detto “Pistola”. Nonostante il nomignolo, è proprio lui a stabilire la cessazione delle armi. Gli Arena decidono di coinvolgere Coco Trovato che, una volta trasferitosi a Lecco, come racconta il pentito Giuseppe Liperoti, ex cassiere della cosca Grande Aracri di Cutro, aveva perso interesse per la Calabria. Petrona e Sersale, prima, erano «’ndrina di Marcedusa», poi «il “locale” si sposta a Mesoraca e riconosce come capo Mario Donato Ferrazzo», dice Liperoti.
Insomma, oggi nella Presila dominano i mesorachesi. Chissà se il nuovo collaboratore di giustizia parlerà anche delle attuali dinamiche criminali.
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