Le operazioni di conferimento illecito di rifiuti su cui ha fatto luce la Dda di Potenza
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Traffico internazionale di rifiuti, scarti pericolosi abbandonati e incendiati in Tunisia, una società di Soverato coinvolta. Complicità di funzionari della Regione Campania, la Regione Calabria invece bocciò la pratica
CATANZARO – La società di intermediazione Eco Management spa di Soverato avrebbe avuto un ruolo centrale nel traffico di rifiuti tra Italia e Tunisia sgominato dalla Dda di Potenza, che ha eseguito 16 misure cautelari. Tre i provvedimenti restrittivi notificati in Calabria nell’ambito di un’operazione su scala nazionale. In carcere è finito Paolo Casadonte, di 44 anni, di Catanzaro, socio e legale rappresentante di GC Service, con sede in Tunisia. Ai domiciliari Innocenzo Maurizio (63), di Gasperina, legale rappresentante di Eco Management. Obbligo di dimora per Francesco Papucci (45), nato negli Stati Uniti ma direttore tecnico di Eco Management.
IL TRAFFICO DI RIFIUTI E LA SOCIETA’ DI SOVERATO AL CENTRO DELL’INCHIESTA
L’azienda soveratese è stata sequestrata nell’inchiesta condotta dalla Dia e dai carabinieri del Noe, che hanno fatto luce su una presunta organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti, alla gestione di discariche abusive, a intestazioni fittizie, a frodi nelle pubbliche forniture, al trasferimento fraudolento di valori. Un’inchiesta che vede coinvolti imprenditori e funzionari pubblici, come il 67enne Vincenzo Andreola, dirigente della Regione Campania finito ai domiciliari. L’indagine avrebbe consentito di disvelare vaste operazioni di trasferimento all’estero di rifiuti con danni per l’ambiente e la salute. I rifiuti, infatti, venivano abbandonati, interrati o addirittura incendiati in Africa. Gli indagati avrebbero così contribuito ad alimentare un fenomeno di smaltimento incontrollato di rifiuti provenienti dai Paesi industrializzati.
LE SPEDIZIONI DI RIFIUTI TRA ITALIA E TUNISIA
Quattro le spedizioni di rifiuti tra Italia e Tunisia, nel periodo tra maggio e luglio 2020, ritenute illecite. Quattro le società coinvolte: a parte quella calabrese, due sono di Polla (Salerno) e una di Sousse, in Tunisia. Le navi con i rifiuti partivano dal porto di Salerno.
Sotto la lente di ingrandimento le spedizioni di 282 containers in tutto, provenienti da Polla e trasferiti in Tunisia. Quando il caso esplose nel Paese nordafricano, tutti i container furono rispediti in Italia. In totale 7.891 tonnellate di rifiuti, 70 delle quali erano state conferite nell’impianto tunisino. Qui si verificò un incendio doloso che mandò in fumo buona parte dei rifiuti stipati. La restante parte di rifiuti rimase bloccata nel porto tunisino di Sousse. I rifiuti furono respinti per le difformità nella tipologia, per la falsità dei documenti di accompagnamento e per l’irregolarità delle autorizzazioni rilasciate.
La vicenda suscitò clamore mediatico in Tunisia tanto che le autorità locali aprirono un’inchiesta in cui vennero coinvolti funzionari e alte cariche dello Stato, compreso il console tunisino a Napoli. In seguito alle tensioni tra i due Paesi, l’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio si recò in Tunisia per incontrare il Presidente Kais Saied. Dopo l’accordo raggiunto, la Regione Campania si fece carico del rientro dei rifiuti respinti. I containers pieni di rifiuti, compresi quelli bruciati, sono poi rientrati dalla Tunisia e fatti sequestrare dalla Dda, quindi sono stati trasferiti nel comprensorio militare dell’Esercito italiano di Serre (Salerno) dove sono state svolte consulenze e attività di caratterizzazione finalizzate allo smaltimento.
IL RUOLO DELLA SOCIETA’ DI SOVERATO NEL TRAFFICO DI RIFIUTI
La società calabrese balza all’attenzione degli inquirenti perché sarebbe stata la prima ad affidare all’azienda tunisina 10mila tonnellate mensili, per un totale di 120mila tonnellate, in virtù di un contratto stipulato nel 2019. Avrebbe svolto un ruolo di intermediazione con la società salernitana Sviluppo Risorse Ambientali (Sra) in quanto produttore di rifiuti. Il contratto disciplinava le modalità di consegna e trattamento dei rifiuti ma anche quelle di smaltimento di una parte minoritaria non trattata. Sra sarebbe poi subentrata a Eco Management pagando una quota di 22mila euro a tonnellata.
La società calabrese non si sarebbe limitata a cedere il contratto ai salernitani ma si sarebbe impegnata a fornire macchinari alla Soreplast di Sousse, che ne era sprovvista. Si trattava, però, soltanto di una vecchia pressa e un nastro di selezione. I rifiuti sono tuttora abbandonati in un capannone.
Luce sarebbe stata fatta anche su un sistema di autorizzazioni illecite dalla Regione Campania (due i funzionari indagati) con conseguente truffa ai danni di Comuni lucani e campani poiché la parte non recuperabile dei rifiuti sarebbe stata conferita presso l’impianto tunisino non autorizzato.
IL RUOLO DEGLI INDAGATI CALABRESI E IL LEGAME CON LA CAMPANIA
Il ruolo degli indagati calabresi sarebbe decisivo poiché Casadonte era legale rappresentante di GC, con sede ad Ariana, in Tunisia, che già aveva stipulato un contratto con la soveratese Eco Management di cui Mazzotta era amministratore (e Papucci socio) al fine di ricercare aziende italiane in grado di recuperare rifiuti non pericolosi. Venne segnalata da GC una prima società tunisina. La prima istanza fu presentata da Eco Management alla Regione Calabria ma la pratica non andò a buon fine. Dalle chat degli indagati emergerebbe che, entrata in scena la SRA, avrebbero deciso di scegliere un ufficio regionale diverso consapevoli che la pratica per la spedizione di rifiuti in Tunisia avrebbe avuto esito positivo. «In Campania non abbiamo alcun problema – dice Casadonte – solo i tempi tecnici di 40 giorni».
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, avvalorata dal gip Lucio setola, sarebbe stato il funzionario Andreola a rassicurare sul buon esito della pratica che avrebbe consentito di esportare rifiuti via mare nonostante «macroscopiche anomalie» nell’iter burocratico. Insomma, gli indagati avrebbero aggirato l’ostacolo rappresentato dagli uffici regionali calabresi rivolgendosi a quelli campani.
Secondo quanto prospettato ufficialmente dalle parti, astrattamente i rifiuti prodotti dal sito di Polla contenevano una maggior parte riciclabile, i cosiddetti “materiali nobili”, mentre la parte restante sarebbe stata smaltita in discarica. In realtà, i rifiuti di Polla erano costituiti da sovvallo di scarto generato dal processo di selezione e omogeneizzazione e non presentavano più componenti recuperabili. Inoltre, l’impianto della Soreplast in Tunisia, sempre astrattamente, era autorizzato al trattamento di soli rifiuti plastici, per volumi annui di materiali di gran lunga inferiori a quelli che si impegnava a ricevere dalla Sra.
LA FALSA AUTORIZZAZIONE
Gli inquirenti hanno poi accertato che i rifiuti inviati in Tunisia erano rifiuti urbani tal quale, con consistenti presenze di rifiuti sanitari. Rifiuti, insomma, dei quali è assolutamente vietata la spedizione transfrontaliera. Ancora, l’autorizzazione di Soreplast era falsa, e Soreplast non aveva alcun impianto. Solo capannoni. Insomma, un’autorizzazione di facciata per lucrare sulla differenza dei costi che lo smaltimento in Italia avrebbe determinato. Per lucrare sulla pelle degli ultimi della terra.
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