Il carcere di Siano
2 minuti per la letturaCATANZARO – Le parentele sono importanti nella ‘ndrangheta. E forse anche questo ha favorito l’ascesa criminale del clan degli zingari di Catanzaro. Il 55enne Pasquale Mannolo, dell’omonima famiglia mafiosa di San Leonardo di Cutro, uno dei leader dell’associazione finalizzata al narcotraffico sgominata con la maxi operazione condotta dalla Dda, è il suocero del nomade stanziale Domenico Passalacqua.
Sarebbe stato lui a mantenere gli equilibri, a dirimere le controversie, a presiedere le riunioni più importanti, specie quelle finalizzate a eludere i controlli della polizia, e a scongiurare tradimenti della cosca da parte di chi aspirava a collaborare con la giustizia.
Per esempio, lui avrebbe diretto una serie di pressioni nei confronti di Ivan Salvatore Rossello per indurlo a non fare il salto della quaglia. C’è tutto un gruppo di conversazioni da cui si evince il suo ruolo apicale, ad esempio quando si attiverebbe per recuperare i debiti maturati nell’ambito di pregresse forniture di cocaina. Ma i Mannolo, Pasquale e Dante, insieme a Giovanni Passalacqua, controllavano il carcere di Siano, a quanto pare, se, dopo l’arresto di Rossello, considerato un corriere della cocaina, peraltro beccato con un’auto della famiglia sanleonardese, sarebbero stati in grado di avvicinarlo e “tranquillizzarlo”.
Quella tra Dante Mannolo e Giovanni Passalacqua non è peraltro una saldatura criminale inedita perché era già balzata all’attenzione delle cronache in occasione della maxi rapina al caveau di Caraffa del 2016, bottino otto milioni.
«Dante gli ha comprato il divano alla guardia». «Vuole comprata la macchina». Sono soltanto alcune delle conversazioni che rivelerebbero l’inclinazione a farsi corrompere dell’agente di polizia penitenziaria Domenico Sacco, 57enne, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma ci sono anche le dichiarazioni dei pentiti. Santo Mirarchi, per esempio, ha svelato che, in cambio di 200 euro, Sacco lo avrebbe aiutato ad avere contatti con l‘esterno procurandogli un telefono cellulare.
Mentre Anna Maria Cerminara ha riferito agli inquirenti che Sacco informava il suo ex convivente Giovanni Passalacqua se c’era qualche detenuto che stava per collaborare con la giustizia, inoltre l’ufficiale di polizia giudiziaria avrebbe facilitato l’introduzione di pen drive e video nel carcere. In cambio, Sacco chiedeva soldi. Chiedeva anche, con insistenza, un’auto, per poter sostituire la sua Lancia “Y” “malmessa”.
Ancora, Sacco avrebbe ottenuto, tramite Giovanni Passalacqua e Cosimino Abbruzzese, personaggi influenti all’interno del clan degli zingari, l’assunzione della moglie al banco dei salumi di un supermercato. Sacco pare si fosse recato anche a casa della donna per convincerla a non collaborare con la giustizia manifestando disponibilità a pagare il suo silenzio a qualsiasi prezzo. Addirittura da alcune intercettazioni si ricava che Sacco avrebbe fatto avere a un detenuto mazzi di carte, grappa, e profumi. In cambio di 100 euro.
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