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L'ospedale di Reggio Calabria

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COSENZA – Dopo il quarto giorno a contagi zero per la Calabria (LEGGI), il Gom di Reggio Calabria nel suo bollettino ha annunciato la presenza di un nuovo positivo. E ancora una volta va in scena la discrepanza tra i dati regionali e quelli provinciali.

Sempre sul fronte della nuova fase legata al coronavirus, la “Domus Aurea” di Chiaravalle, la struttura che di fatto è stata il più grande focolaio di coronavirus della regione, non riapre. Almeno per il momento. Il Tar di Catanzaro ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla proprietà, “Salus M.C.” (difesa dagli avvocati Antonello Talerico e Ileana De Santis) contro l’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro (difesa dagli avvocati Maria Lorusso e Anna Muraca) per l’annullamento (previa adozione di misura cautelare) della “Comunicazione di sospensione del procedimento di formazione del contratto anno 2020”.

In sostanza, la struttura aveva richiesto la sospensione di ciò che considerava «una revoca tacita dell’accreditamento, adottata al di fuori delle previsioni di legge ed in contrasto con il perfezionamento del contratto per l’anno 2020». Sì, perché gli avvocati di parte, nel ricorso presentato – oltre a ricostruire la vicenda di quei giorni drammatici (poi si contarono 28 morti fra gli ospiti della Rsa di Chiaravalle) evidenziando a loro avviso le responsabilità delle altre istituzioni nonché l’eccezionalità dell’accaduto – affermavano che sostanzialmente non c’erano i presupposti per la revoca dell’accreditamento e in ogni caso della sospensione dell’attività della struttura, essendo fra l’altro questi indicati chiaramente nel contratto stesso. Era stato il del dirigente generale del Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria, Antonio Belcastro, a firmare «la sospensione del procedimento di formazione del contratto con codesta società, diffidando la società medesima dall’effettuare nuovi ricoveri, anche in regime privatistico, nelle more delle verifiche sulla sussistenza dei requisiti di autorizzazione e accreditamento».

Ed è proprio su questo aspetto che i giudici del Tar (Arturo Levato, Martina Arrivi e Gabriele Serra) hanno “fatto leva” per pronunciare la sentenza: «Il contratto per le prestazioni riferite all’anno 2020 non si è ancora perfezionato, non essendo stato sottoscritto dall’Azienda, la quale deve ancora acquisire, secondo i rilievi dalla medesima esposti, la prescritta certificazione antimafia». La carenza in questo tipo di documentazione era emersa proprio nei giorni “caldissimi” dell’emergenza sanitaria, quando l’attenzione dei media e della popolazione era rivolta al “caso Chiaravalle”. Sta di fatto che il Tar non ha evidentemente preso in considerazione come rilevanti ai fini di questa decisione le altre articolazioni del ricorso della “Salus M.C.”. Dichiarandolo inammissibile.

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