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Nicola Gratteri

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CATANZARO – I fondi destinati alle persone bisognose per affrontare questa difficile fase legata all’emergenza coronavirus potrebbero finire in mano a mafiosi o costituire un gruzzolo per avere consenso elettorale da parte di amministratori senza scrupoli. L’allarme è del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, intervistato questa mattina durante la trasmissione “Circo Massimo” di Radio Capital.

Per questo, il procuratore ha chiesto un’azione forte da parte dei sindaci che seguiranno queste operazioni di distribuzione degli aiuti previsti dallo Stato: «Chiedo che gli elenchi di cosiddetti poveri o di piccoli imprenditori che fino a qualche anno fa non pagavano nemmeno la tassa sulla spazzatura e che erano in odore di mafia, siano consegnati per fare dare uno sguardo alla guardia di finanza, alla questura o ai carabinieri».

Gratteri ha spiegato che il controllo va fatto «»nel mentre», perché «il sindaco ha fatto un elenco di trecento poveri, di cinquanta commercianti che hanno difficoltà, allora dammi questi elenchi che gli diamo un’occhiata. E’ bene dare ai sindaci i fondi perché si risparmiano molti passaggi, però se il sindaco è un mafioso e un faccendiere, i benefici li dà ai soliti noti e ai clienti elettorali, e gli altri che sono all’opposizione e hanno votato contrario non li avranno».

L’intervento del governo sulle banche

Il procuratore ha sottolineato la crisi esistente, ma ha anche guardato alla realtà dei fatti con estrema razionalità. In questa direzione ha sollecitato un intervento del governo sulle banche: «Necessita che il governo parli direttamente con le banche che – ha detto Gratteri – devono rischiare un po’ di più, in questo momento particolare devono capire che devono prestare soldi anche se il rischio di insolvenza è più alto. C’è bisogno di soldi veri, adesso, ai piccoli e medi imprenditori».

L’allarme usura

Il rischio concreto, davanti a commercianti e imprenditori in difficoltà economiche, è quello che possa inquinarsi il tessuto finanziario con l’intervento delle cosche per gestire vorticosi giri di usura: «Immagini il settore della ristorazione – ha affermato il procuratore Gratteri – con imprenditori che hanno ristrutturato o costruito i loro locali, si sono indebitati sperando che a partire dalla primavera avrebbero iniziato a guadagnare. Ora immagini in che condizioni sono, con le banche che non daranno soldi, visto che per avere un prestito da dieci devi avere un immobile da cento. A quel punto scatterà l’usura».

Nell’analizzare il rischio di infiltrazioni mafiose in questo periodo di forte crisi, Gratteri ha spiegato che «ci sono due tipi di usura, quella che danno gli insegnanti o gli impiegati e poi quella organizzata dalla ‘ndrangheta. L’usuraio ‘ndranghetista vuole meno garanzie, perché sa che la vera garanzia è la vita del commerciante che, a sua volta, sa benissimo a chi si sta rivolgendo in quel momento. Inizialmente ci saranno interessi più bassi, anche sotto la soglia di quelli delle banche – ha sottolineato il procuratore di Catanzaro – poi nell’arco di uno o due anni inizierà una lenta agonia. Il commerciante sarà sgozzato e l’obiettivo dell’usuraio mafioso non è quello di guadagnare sull’usura, ma è quello di rilevare l’attività commerciale che, attraverso un prestanome, diventerà un’azienda per fare riciclaggio».

Un allarme concreto perché, secondo Gratteri, «faremmo molti passi indietro nella conquista e del controllo del territorio da parte dello Stato, se le mafie dovessero riuscire a compare altri pezzi di imprenditoria locale».

Capi mafia come benefattori

Nell’intervista radiofonica, Gratteri ha evidenziato anche il ruolo dei capi mafia in questa fase di forte crisi legata all’emergenza coronavirus: «Le mafie sono presenti dove c’è da gestire denaro e potere, quindi molte operazioni le élite delle mafie, in particolare la ‘ndrangheta, non le fanno solo per arricchirsi, ma per avere consenso e potere. Pensi al lavoro nero, in questo momento gran parte degli operai vivono in nero al Sud come al Nord, soprattutto nel campo dell’agricoltura e dell’edilizia. Vengono pagati a 30 euro al giorno, ma ora – ha sostenuto il procuratore – questa gente in che stato di disperazione e di frustrazione può essere. Per il capo mafia, dare 30 euro al giorno per i poveri diventa oro e se ne ricorderanno quando sarà ora di votare, quindi quando i capi mafia andranno a prendere i pacchetti di voti nei quartieri, avranno vita facile perché loro riescono a dare risposte immediate».

«Il capo mafia – ha aggiunto ancora Gratteri – si comporta e si presenta esattamente come un benefattore, un uomo generoso e buono. Cambiando l’ordine degli addendi la storia di El Chapo messicano spiega tutto: vendeva cocaina, ha ammazzato personalmente 2500 persone però poi costruiva ospedali, strade e scuole, quindi la popolazione lo vedeva come un benefattore».

Infine, l’analisi sull’episodio del Tir di alimentari bloccato e depredato a Foggia: «Questa non è fame, è arroganza mafiosa. Oggi – ha affermato Gratteri nel sottolineare la povertà vissuta nell’epoca in cui lui era giovane – siamo abituati a valutare in modo diverso la povertà e si è poveri se non si riesce a comprare il telefono cellulare da 700 euro». Quindi, il rischio di soffiare sul fuoco dei bisogni: «C’è disagio – ha concluso Gratteri – perché c’è gente che vive da anni con introiti in nero e ora non ha questi 30 euro al giorno».

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