Il procuratore Alessandra Dolci
2 minuti per la letturaMILANO – Il commento del procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Alessandra Dolci, in relazione all’operazione Kri contro la ‘ndrangheta che ha portato a 34 arresti in tutta Italia (LEGGI LA NOTIZIA) non lascia spazio a dubbi o fraintendimenti: «Negli ultimi dieci anni, nonostante le indagini e gli arresti, non è cambiato nulla. Le cosche sono ancora padrone del territorio».
Il procuratore ha evidenziato come «il 23 aprile 2009 c’è stata l’indagine ‘Bad Boys’, il 18 agosto 2010 è arrivata ‘Infinito’ e oggi siamo qui con ‘Krimisa’. Sono passati gli anni ma le cose sono rimaste identiche, abbiamo trovato anche gli stessi personaggi. Ma ci sono due note positive: anche noi non ci siamo mossi da qui e continuiamo a lavorare, ma soprattutto la presenza di un imprenditore che ha deciso di non sottostare alle minacce degli ‘ndranghetisti che gli impedivano di investire nei parcheggi dell’area dell’aeroporto di Malpensa».
Nel dettaglio dell’inchiesta, poi, scende il pm Alessandra Cerreti che ha chiarito come ‘ndrangheta e parte della politica continuino a viaggiare a braccetto. Tra le carte dell’inchiesta, infatti, c’è anche un versante legato allo scambio di voti.
In particolare, da quanto emerge, l’associazione mafiosa riusciva a convogliare i voti dell’area varesina di Lonate Pozzolo, «cosa che hanno tentato anche nelle consultazioni elettorali del 2018, ma il loro candidato viene battuto», spiega il pm Cerreti. Uno scambio di voto che invece nel passato avrebbe funzionato.
Nell’inchiesta entra un pacchetto di circa 300 voti che fa dire agli inquirenti che alcuni incarichi a Locale Pozzolo e Ferno sarebbero stati «espressione della capacità del gruppo criminale di veicolare considerevoli quantità di voti, barattandoli con la nomina di familiari e parenti a cariche politiche ed amministrative».
Tra gli arrestati c’è Enzo Misiano, consigliere comunale di Fratelli d’Italia accusato dai magistrati di essere “trait d’union” tra l’ambiente politico locale ed esponenti di spicco della cosca mafiosa. Sono in corso alcune perquisizioni e risulta coinvolto nell’inchiesta «anche un altro esponente politico di livello regionale, il coordinatore regionale dei Cristiani popolari Peppino Falvo», si sottolinea in conferenza stampa.
Tra i protagonisti dell’ordinanza «anche un consulente della procura di Busto Arsizio che non solo metteva a disposizione i propri servizi tecnici, ma si faceva procacciatore di una serie di informazioni di accessi non autorizzati alle banche dati», spiegano gli inquirenti.
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