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Ha incontrato alcune tra le persone più potenti al mondo, non perché siano capi di Stato, presidenti delle più grandi banche al mondo, o guide delle grandi religioni. Sono semplicemente i leader mondiali del gigantesco cambiamento che le tecnologie stanno operando sulle nostre vite e sulle nostre società. Parliamo di John Hennessy, Sergey Brin, Larry Page, Dick Costolo, Marissa Mayer, Ray Kurzweil e tanti altri. Stilando questo breve elenco mi rendo conto che, purtroppo per molti questi nomi potrebbero essere più ignoti di quelli degli ospiti dei programmi di Maria De Filippi. Forse se si citano i nomi delle “ditte” che loro governano, lo scenario può diventare più chiaro: Stanford University, Google, Twitter, Yahoo!, Apple, Singularity University ecc. Il nostro premier ha incontrato questo popò di gente e, almeno in Italia, non si sono realmente capite le vere ragioni del suo viaggio nella Silicon Valley.

Ho letto diversi articoli sui giornali e news su Internet, ma, a parte le note di colore su cui tutti si sono soffermati (le scarpe della moglie, il suo inglese da turista, i selfie), in pochissimi hanno cercato di spiegare le motivazioni per cui il Presidente del Consiglio ha passato qualche giorno tra i guru dei centri che dominano il mondo di internet. Ho anche cercato qualche comunicato ufficiale sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma non ho trovato nulla! Ho spulciato l’accont twitter di Matteo Renzi e lui che solitamente è prodigo di tweet – li scrive anche davanti dalla finestra di Palazzo Chigi – durante i suoi giorni californiani (compreso il tempo passato alla stessa sede di Twitter) non ha trovato un minuto per informarci con 140 caratteri.

Ho anche cercato di capire qualcosa guardando alcuni video degli speech che lui ha fatto durante gli incontri, ma anche lì niente di definitivo. In particolare, mi ha colpito il fatto che nell’incontro con gli italiani che lavorano nella Valle del Silicio, non ha chiesto loro di tornare a casa per aiutarlo ad innovare il paese, ma, poiché a lui piacciono le sfide difficili, ha detto che lui sta lavorando per rendere l’Italia così diversa e più bella di quella che è oggi, che loro un giorno sentiranno il bisogno di tornare a casa perché l’Italia da “luogo del passato diventerà luogo del futuro”.

Belle parole, ma al momento la rivoluzione digitale che servirebbe nel nostro paese negli uffici pubblici, nei tribunali, nelle città che stentano a diventare smart, nelle start-up, ancora non si è vista. Gli investimenti veri in ricerca e nell’innovazione tecnologica del Governo Renzi sono pressoché nulli, al contrario di quelli americani, cinesi e russi. Speriamo che al suo ritorno a casa, Matteo (che qualcuno, con efficacia, ha definito democristiano digitale) conservi memoria di quello che sta facendo Obama negli USA per mantenere la loro leadership tecnologica nel mondo e qualcosa di simile provi a fare anche qui da noi, altrimenti quando ritornerà nuovamente tra qualche anno nella Silicon Valley, gli italiani che incontrerà saranno molti di più di quelli che ha trovato in questi giorni e quelli che saranno rimasti in Italia saranno sempre di meno, alla faccia del “luogo del futuro” che lui, pur sinceramente, vorrebbe costruire nel Belpaese.

 

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