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“Mia nonna si chiama Teresa, è bionda, ha gli occhi azzurri, fuma tante sigarette, porta sempre il rossetto e fa la ballerina”.
Il giorno dopo la consegna del tema, le suore, vagamente allarmate, ero in seconda elementare, mandarono a chiamare mia madre. Che si presentò con Teresa in persona, allorché le suore non poterono far altro che constatare come la stessa fosse bionda, con gli occhi azzurri, una accanita fumatrice e portasse il rossetto. Del resto mi ha sempre detto che una donna non dovrebbe mai uscire da casa senza il cappello, i guanti e un filo di rossetto rosso.
Restò loro il dubbio se fosse o meno una ballerina, del resto che io e lei in casa ballassimo non era affar loro.
Pochi giorni fa mia nonna Teresa ci ha lasciati. Dalla scorsa estate è stata tante di quelle volte sul punto di morire e poi si era ripresa, che ormai mi ero convinta fosse immortale.
A distanza di giorni ancora non ci credo, nonostante l’abbia vista risucchiata dalla terra, ho ancora la sensazione che da un momento all’altro possa chiamarmi: “Miciolì“.
Mi sento come una lastra di ghiaccio che staccatasi dall’iceberg, dalla casa madre, va alla deriva. Cammini su questa terra, ma non ti senti più stabile. Se ti guardi indietro, una volta asciugate le lacrime, vedi solo ricordi. E inizia la selezione, via quell’immagine di lei circondata da fiori, mani conserte e occhi chiusi, e spazio ai sorrisi, agli occhi azzurri,i riccioli biondi, il segno del rossetto sulle guance, l’odore della crostata in forno.
Torniamo a ballare, io bambina e lei cristallizzata in un bozzolo di eterno e ridente amore.
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