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“Capra, capra, capra“. E’ ormai entrata nella storia della meta-comunicazione pop, anche nella versione “Studia, capra”, la famigerata invettiva (utilizzata in loop) dal critico d’arte Vittorio Sgarbi.
Il neanche troppo sotteso senso della frase è offensivo, implicando l’oggettiva ignoranza del soggetto cui è riferita. E’ un luogo comune, uno stereotipo, un assodato modo di dire che dalla notte dei tempi dà per scontata l’ottusità del ruminante mammifero, che tra l’altro è noto puzzare, nonostante sia possibile salvarlo con i cavoli, che notoriamente non odorano di violetta manco loro. Orbene, ora tutto questo sta per essere sovvertito grazie ad una ricerca della Queen Mary University di Londra che, dopo aver sottoposto le tenere caprette, quelle che facevano “ciao” ad Heidi, ad una serie di test ha provato che non sono stupide per niente. Il test prevedeva che le cornute dovessero azionare delle leve e poi seguire un certo percorso se volevano riuscire ad ottenere cibo e acqua, cosa che, nove volte su dieci, sono riuscite a eseguire perfettamente. Ma non basta a distanza di qualche mese, quando sono state sottoposte nuovamente al test ricordavamo perfettamente cosa fare. Quindi intelligenti e con elefantiaca memoria.
Ah, un’altra ricerca, della Sheffield University questa volta, ha dimostrato che i cigni, noto esempio di monogamia del regno animale, quelli che se muore il compagno restano soli per il resto della loro vita, quelli che muoiono con grazia nei balletti, quelli alteri e con la puzza sotto al naso, si fanno le corna come tutti. Magari sì, restano insieme per sempre, anche loro per i bambini, pardon cuccioli, ma non è detto non si prendano più di qualche cignesca “distrazione”.
Niente, di nessuno ci si può fidare.
(da Cous- Cous)
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