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Un approdo sicuro, da un lato e “la belva del desiderio ribelle”, dall’altro. Sono gli anni 70, siamo a Istanbul, è primavera.
Kemal è fidanzato ma incontra altrove l’amore, la passione. La vuole, la prende, quella stupenda cugina, Fusun, per caso incontrata. Ma sceglie la convenzione, è tormentato, legato ai valori tradizionali, ha paura di perdere quell’approdo sicuro pur volendo accanto a sé il desiderio ribelle. Ma sceglie, si fidanza. Fusun sparisce.
Una scelta che sconvolge la vita di Kemal. Non si districa più. Rompe il fidanzamento e si mette alla ricerca dell’amore. Dopo patimenti e atroci sofferenze i due si ritrovano, ma Fusun ha ormai la sua vita. Kemal però non può più rinunciare a lei e le sta vicino, in assoluta castità, lui divorato dal desiderio, per otto anni.
Anni in cui raccoglie ogni piccolo oggetto anche solo toccato dalle mani di Fusun. Guardarli, toccarli diventano la sua vita, il suo conforto. Oggetti che saranno conservati nel Museo dell’Innocenza di Kemal, “monito perpetuo all’amore”.
I due, però si ameranno, fortemente, intensamente, senza respiro, quando e come è il destino di questo romanzo.
“Museo dell’Innocenza” edito da Einaudi è il titolo di questo romanzo di Orhan Pamuk, premio Nobel per la Letteratura nel 2006.
E’ una storia fatta di oggetti, come quelli che si trovano nelle caselle di un calendario dell’Avvento. Oggetti che stanno oltre le vetrine dei negozi, sulle bancarelle che invadono i mercatini durante il Natale, in cui giriamo per trovare un regalo da fare, ma è solo una scusa per perderci fra colori, rumore, ricordi.
Siamo nella Turchia di Pamuk, nella sua Istanbul, la ricetta non può che essere il Baklava, che trovate nei carretti sia all’ombra dell’imponente Aya Sophia, sia nei vicoli coperti del Gran Bazar, con le narici ancora piene degli aromi delle spezie, dallo zenzero al curry, e gli occhi dal miele che scende lento dalle arnie in esposizione. Ci vuole il miele per fare il Baklava. Il miele e i pistacchi. Qui la ricetta
A Istanbul non sono mai stata, la descrizione che ne ho fatto è una summa della disperata passione che Simone nutre per la Turchia e che io vivo per interposta persona. Ci andremo presto insieme, spero. Già so che l’amerò. Nello stesso modo in cui mi sono innamorata dell’Iran leggendo, prima, gli struggenti post di Meri Pop (li trovate qui insieme a un sacco di altre cose) poi attraverso quelle pozze profonde e piene di vita che sono gli occhi di Negar Ansari, che ho conosciuto manco a dirlo, a tavola. Spero di conoscere presto la prima e sempre presto rivedere la seconda.
Ah, il museo, poi è stato costruito, pietra su pietra. Il Masumiyet Muzesi si trova nel cuore della città, nel quartiere di Çukurcuma, disposto su tre piani di un palazzo del 1897, tutto dipinto di rosso così come Pamuk lo ha voluto.
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