8 minuti per la lettura
Luca – Tummasi’, Tummasi scètate songh’e nnove
Tommasino – ‘A zuppa ‘e latte!
Luca – E’ questa la sola cosa che pensi: “ ‘a zuppa ‘e latte, ‘a cena, ‘a culazione, ‘o pranzo” …. Alzati, ‘a zuppa e latte te la vai a prendere in cucina perché non tieni i servitori
Tommasino – Se non me la portate dentro al letto non mi sòso.
Luca – No, tu ti sòsi, se non ti faccio andare a coricare all’ospedale. (da Natale in Casa Cupiello)
Qualche anno fa io e la mia amica Maria Francesca salimmo a Roma per il concerto di Raphael Gualazzi all’Auditorium. Era l’undici dicembre. Fu una serata magica.
E per il concerto strepitoso e per il dopo. A cena ci trovammo praticamente fianco a fianco a Gigi Proietti. Tornammo a casa a piedi. Ci perdemmo.
Camminammo in tondo a lungo in una serata gelida. Fu una serata di risate sciocche, quelle complici tra amiche.
Quelle che ogni cosa ti fa ridere. Quelle che sei felice, lì, in quel momento.
Tra l’altro dormimmo in un posto allucinante. Fatto di pareti rosse e mobili dalle strane forme neri. Credo fosse un luogo per incontri sadomaso che all’occorrenza si riciclava in B&B.
Il giorno dopo fummo svegliate dal diluvio. Facemmo un giro in centro, ma con poca convinzione. Troppa acqua. Decidemmo di partire. Continuava a piovere. Moltissima pioggia. Il nostro treno si ruppe, un problema di centraline elettriche. Perdemmo la coincidenza. Arrivate a Napoli con un mostruoso ritardo, scoprimmo non c’era nessun altro treno per Paola. La scelta era tra il restare in stazione fino alle 4 del mattino e, tramite giri complicatissimi, arrivare per le dieci del mattino dopo a Paola, oppure dormire a spese di Trenitalia a Napoli. Optammo per la seconda. Rubammo un giorno al destino.
L’albergo non era granchè, aveva i letti messi uno di seguito all’altro, tipo cuccette (del resto pagava Trenitalia). Ma andava comunque bene. Dopo un giro di telefonate tra amici stabilimmo dove cenare. Pizza, ovviamente. Delizie al limone, ovviamente.
Al ritorno beccammo un tassista che, esperto di dialetti, intuì al volo che non eravamo napoletane e ci propose per un ridicolo sovrapprezzo di portarci in giro per la città. Fu un giro magico. Il porto, Chiaia, Posillipo, il Vomero, i quartieri spagnoli. Tutto sotto la pioggia e con il tassista, un nostalgico del Ventennio, che si augurava il ritorno del Duce (non di un altro, lui proprio).
Il giorno dopo una giornata splendida. E che potevamo partire? Rimandammo al primo pomeriggio e ce ne andammo in giro. Il Maschio Angioino, il San Carlo, piazza del Plebiscito. Al Gambrinus la folgorazione. I roccocò. All’epoca, il caso spesso accompagna le mie letture in luoghi precisi, stavo leggendo Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni.
Ricciardi è un commissario a Napoli, durante il fascismo. Ha un dono, il Fatto, come lo chiama lui. Vede l’anima dei morti. Ma la vede cristallizzata nell’attimo prima di morire, per morte violenta. Ha gli occhi verdi Ricciardi, come il mare senza scogli, profondi come il dolore e soli.
Ha un suo tavolo fisso al Gambrinus, consuma sempre una “riccia”. E un caffè. La coppia perfetta.
Di De Giovanni ho anche l’autografo su una copia de Il senso del dolore – L’inverno del commissario Ricciardi, me lo presentò il capo (al secolo Massimo Clausi) durante l’edizione dello scorso anno del Festival del Giallo a Cosenza, peccato abbia scritto “A Rita” (sempre meglio di Zucchero che mi firmò un cd “Per Cita”).
De Giovanni tocca corde profonde e non solo con il ciclo del commissario Ricciardi.
Dimenticavo, la ricetta. Quella dei roccocò
Ingredienti
1 kg di farina
800 gr di zucchero
800 gr di mandorle o nocciole
la buccia grattugiata di 2 arance e di 1 limone grande
15-20 gr di pisto – Un misto di spezie: cannella, noce moscata, chiodi di garofano etc
4 gr di ammoniaca per dolci in polvere (se non la trovate al supermercato potete tranquillamente trovarla in farmacia, ovviamente deve essere per uso alimentare)
300 ml di acqua tiepida un pizzico di sale
ps io e Mff il treno del pomeriggio lo perdemmo. Di nuovo. Fummo costrette a riparare tornando a casa con una corriera su rotaie, gli “accelerati” di un tempo. Fermò in ogni parvenza di stazione che incontrò da Napoli a Paola. Vi assicuro sono parecchie.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA