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Gianni Cuperlo è una patata. Matteo Renzi è una cipolla. Il primo, l’ultimo dei figicciotti, è compatto, emaciato, versatile. Un po’ bianco e un po’ giallo, circondato da patate rosse. Il secondo, sindaco di Firenze, è velato, a strati. Dolce ma anche no. Cipolla bianca e non rossa come la “Cipolla Verdina di Firenze” o come la nostra deliziosa di Tropea.
La lotta congressuale tra i due principali sfidanti è iniziata portandosi dietro tutto il corollario di insulti, sberleffi, calembour. Se Renzi non mette le bandiere del partito sul palcoscenico della Leopolda (per i non credenti si tratta di una vecchia stazione ferroviaria, nulla di più e nulla di meno), asserendo: «preferisco i voti». Cuperlo, che invece è decubertiano, non gliene frega nulla di vincere, s’interroga in modo tragico: «Renzi che idea ha del partito?». Il primo vuole tagliare (da vincitore) il più presto possibile il traguardo, quando sarà, il secondo vuole semplicemente sapere qual è l’idea di partito e di paese. E’ tutta qua la differenza. Il primo porta l’orologio, il secondo no. La situazione appare asimmetrica, tra un Renzi che fa la lepre e un Cuperlo che lo rincorrere con un linguaggio vintage. Intendiamoci: quasi tutti i rilievi che gli anti-renziani fanno al rottamatore non solo sono pertinenti ma anche opportuni. Giusto per parlare chiaro. Col rovello implacabile. Renzi, dove sono i contenuti? E’ vero. Dove sono i contenuti? Ancora dieci anni fa si poteva fare la domanda e sperare di trovare la risposta. Ma, oggi? E alla domanda si dovrebbe rispondere con un’altra domanda. Quali sono i contenuti di chi chiede agli altri di declinare i contenuti? Quella della sinistra che in Italia non vince mai? Quelli di D’Alema, Bersani, Veltroni, Franceschini, Bindi, ecc ecc? Giorni fa, il ministro, o qualcosa di simile, Stefano Fassina, che ha minacciato le sue dimissioni per la durata di sole tre ore, ha dato dell’«ambiguo» a Renzi. Lui, proprio lui, che è membro di un governo inciucista, che cinguetta quotidianamente con Brunetta. Ma Cuperlo dice a Laura Pertici di Repubblica: «Il governa Letta è una parentesi nata in una situazione di emergenza, non un disegno politico, ma può andare avanti fino al 2015». Reo confesso. Dall’altro versante si consuma un’emigrazione biblica, una transumanza dannunziana. Ah Flaiano! Il sindaco più che allestire un contenitore elettorale sta costruendo l’Arca di Noè.
Nel frattempo. I congressi provinciali e cittadini del Pd calabrese – frequentati nelle varie province da chi scrive per dovere di cronaca – ci consegnano storie all’italiana, di ordinaria scampagnata, dal sapore levantino e sciroccoso. Intere famiglie che vanno a votare negli improvvisati seggi portandosi dietro. Oltre che le sedie, in qualche caso, il nonno centenario, la badante, il pupo.
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