X
<
>

Share
3 minuti per la lettura

Fin da quando avevo tredici anni, pensavo che il mio nome fosse “Taci”. 
Joe Namath
Mi chiamo Mita, ma sono una Maria Teresa, per l’anagrafe, quindi la legge. Mita, ufficialmente, non esiste. Cosa che mi fa più me.
Nessuno in casa mi ha mai chiamato Maria Teresa, dacchè sono cosciente di me, sono sempre stata Mita. In un’altra vita, quando lavoravo in uno studio notarile, per mesi il notaio mi ha chiamato  Ludovica, aveva deciso che avevo un faccia da Ludovica. Al settimo assegno  che ha dovuto cambiare, insisteva a intestarli a Ludovica Borgogno, mi ha fatto una scenata tale che quasi quasi stavo per andare all’anagrafe e cambiarmi il nome. Da allora ha cominciato a chiamarmi Mariaterè, tutto insieme,tutto di un fiato. Non mi è manco passato per la testa di dirgli che, nei fatti, sono una Mita. E’ l’unica persona che lo ha fatto. Chiamarmi Maria Teresa, intendo. Quando firmo un qualche documento ufficiale do l’impressione dell’analfabeta, d’istinto mi viene da scrivere Mita, arrivata alla “t” mi ricordo del mio nome legale e vado correggendo la “i” in “a” e faccio una “r” molto alta, al posto della “t”. Tutto questo mi è venuto in mente oggi che è santa Maria. Un giorno di festa a casa mia, mia nonna paterna, che era una Maria Vittoria, ci teneva moltissimo. Io festeggiavo con lei. 
Mi è presa come una ventata di malinconia, leggera come un refolo, calda come uno scirocco. Perché è vero, sono Mita (per scelta), ma sono una orgogliosa Maria Teresa. Come le mie nonne. Maria (Vittoria) e Teresa. Le tengo strette a me nel nome. 
Due tipe toste le mie nonne. Due tipe come vorrei essere io. 
Auguri a tutte le Maria, palesi o sotto mentite spoglie, come me. 

Fin da quando avevo tredici anni, pensavo che il mio nome fosse “Taci”.  (Joe Namath)

Mi chiamo Mita, ma, confesso, sono una Maria Teresa per l’anagrafe, quindi la legge. Mita, ufficialmente, non esiste. Cosa che mi fa più me.
Nessuno in casa mi ha mai chiamato Maria Teresa, dacchè sono cosciente di me, sono sempre stata Mita.
In un’altra vita, quando lavoravo in uno studio notarile, per mesi il notaio mi ha chiamato  Ludovica, aveva deciso che avevo un faccia da Ludovica. Al settimo assegno  che ha dovuto cambiare, insisteva a intestarli a Ludovica Borgogno, mi ha fatto una scenata tale che quasi quasi stavo per andare all’anagrafe e cambiarmi il nome. Da allora ha cominciato a chiamarmi Mariaterè, tutto insieme, tutto di un fiato. Non mi è manco passato per la testa di dirgli che, nei fatti, sono una Mita. E’ l’unica persona che lo ha fatto. Chiamarmi Maria Teresa, intendo.
Quando firmo un qualche documento ufficiale do l’impressione dell’analfabeta, d’istinto mi viene da scrivere Mita, arrivata alla “t” mi ricordo del mio nome legale e vado correggendo la “i” in “a” e faccio una “r” molto alta, al posto della “t”.
Tutto questo mi è venuto in mente oggi che è santa Maria. Un giorno di festa a casa mia, mia nonna paterna, che era una Maria Vittoria, ci teneva moltissimo. Io festeggiavo con lei. Mi è presa come una ventata di malinconia, leggera come un refolo, calda come uno scirocco.
Perché è vero, sono Mita (per scelta), ma sono una orgogliosa Maria Teresa. Come le mie nonne. Maria (Vittoria) e Teresa. Le tengo strette a me nel nome. 
Due tipe toste le mie nonne. Due tipe come vorrei essere io. 
Auguri a tutte le Maria, palesi o sotto mentite spoglie, come me. 

(In foto io bambina e mia nonna Teresa)

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE