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Nel giorno in cui si è saldato il ricordo di don Pino Puglisi, che difendeva l’idea di una civiltà affrancata dalla sopraffazione mafiosa, con l’addio a don Andrea Gallo, che difendeva il bozzolo della democrazia nata dalla Resistenza, in un angolo sperduto della Calabria un anziano prete rendeva omaggio a questi due pastori associandoli al ricordo di due combattenti che anticiparono la Resistenza al nazifascismo. Cesare Curcio e Pietro Ingrao. Quest’ultimo, nel 1943, clandestino in Sila perché perseguitato dai fascisti che gli davano la caccia, riparò a Pedace trovando il suo angelo custode in Cesare Curcio, falegname, comunista, deputato dopo la Liberazione. Il 24 e 25 maggio scorso nel paese silano si è celebrato il 60° anniversario del soggiorno forzato di Ingrao in Calabria. Alla presenza delle figlie Chiara e Renata Ingrao. E’ stata deposta, nel cimitero del paese, una corona di fiori sulla tomba di Cesare Curcio. A officiare il rito è stato l’anziano parroco, don Tullio Scarcello, il quale, dopo la benedizione, ha tenuto un breve e toccante discorso. Questo l’incipit: «Pedace, cattolica e antifascista». Alla fine ha baciato la fascia tricolore portata dal sindaco nel punto dello stemma municipale. Un discorso improntato ai valori della democrazia, dell’antifascismo, della Costituzione. Una difesa dei valori fondanti della Repubblica. Don Scarcello ha poi ricordato quando i fascisti tirarono le unghie dei piedi di Curcio per farlo parlare. E in quest’ambito ha voluto associare la memoria locale alla giornata particolare della beatificazione di don Puglisi e dell’addio a don Gallo quasi ci fosse un filo rosso che rendesse più visibile la Chiesa degli ultimi.

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