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Nel gennaio scorso, tra l’indifferenza generale, il presidente della commissione parlamentare antimafia Beppe Pisanu ha consegnato al Parlamento e al Popolo la relazione finale del suo quinquennale mandato di titolare del Palazzo San Macuto. I giornali più generosi hanno dedicato mezza colonna nelle pagine interne. Eppure, questa volta, si narrava degli intrighi sulla trattativa “Mafia-Stato” che fece dire allo stesso Pisanu: «Fu una tacita e parziale intesa tra le parti». Il punto di domanda ora è questo. Serve ancora una siffatta commissione che ha poteri giudiziari ma che non svolge per i reciproci veti che la politica esercita sulla commissione medesima? E’ difficile rispondere affermativamente. Questo strumento parlamentare si è dimostrato, negli anni, un salvarsi l’anima non avendo mai prodotto risultati concreti e incisivi. Vediamo un po’ di storia. La commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere fu istituita per la prima volta con legge n. 1720 del 20 dicembre 1962. Questo è un organismo speciale bicamerale del Parlamento italiano composto da 25 deputati e da 25 senatori. Una commissione d’inchiesta che ha poteri simili a quelli della magistratura, occupandosi, come detto, del fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari. L’Antimafia doveva nascere nel 1948 per contrastare la specificità siciliana. Ma i partiti del tempo non si misero d’accordo. La prima commissione con la presidenza Paolo Rossi fu insediata il 14 febbraio 1963, ma non tenne alcuna seduta perché il 18 febbraio dello stesso anno si ebbe lo scioglimento anticipato delle Camere. Nella successiva IV legislatura la commissione ebbe come presidente Donato Pafundi. Questi i nomi dei presidenti succedutisi nel tempo: Nicola Lapenta, Abdon Alinovi, Francesco Cattanei, Luigi Carraro, Gerardo Chiaromonte, Luciano Violante, Tiziana Parenti, Ottaviano Del Turco, Giuseppe Lumia, Roberto Centaro, Francesco Forgione e Beppe Pisanu. La commissione è stata sempre composta prevalentemente da meridionali. Un controsenso se si assume l’idea che questo fenomeno è problema nazionale. La commissione uscente era composta per il 74 % da meridionali, per il 16 % da settentrionali, e il restante 10 % da deputati e senatori del Centro. Con 11 campani, 9 siciliani, 7 calabresi, 6 pugliesi, 2 sardi, 1 molisano e 1 lucano. Sin dalla sua nascita la commissione è stata avviluppata dal peccato originale. I parlamentari meridionali valutanti se stessi; e i risultati si sono visti. Inutili montagne di carte. Da qui la conclusione amara. Cosa serve una commissione parlamentare che non produce risultati? Non parliamo poi della commissione antimafia regionale che, oltre a essere inutile, è anche ridicola visto che distribuisce parole, targhe e gadget.

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