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Romano Prodi, che vinse le elezioni nel 2006 guidando l’Unione che poi l’avrebbe tradito (vedi alla voce Bertinotti, Mastella, Veltroni), preparò un programma che era lungo e corposo quanto un’enciclopedia. Non dimenticò nessun argomento. A Napoli dicono: dall’ago al filo. Qualcuno glielo fece notare e il professore lo ridusse. Ma era ancora lungo. Infine lo accorciò a 281 pagine, divise in 26 capitoli. Insomma, brevi cenni sull’universo. Come se avesse dovuto governare per cinquant’anni. Pierluigi Bersani invece ha avuto un’idea geniale. Il programma fittizio l’ha presentato prima delle elezioni, il programma vero l’ha presentato dopo le elezioni. Gli 8 punti. Che è storia di oggi. Qualcuno gli ha fatto osservare: ma questi 8 punti perché non l’hai presentato prima? E, comunque, 8 punti appaiono ancora assai. In questa fase di stallo forse basterebbe, tanto per iniziare un approccio di credibilità e asciuttezza, un solo punto. Una nuova legge elettorale. E qui casca l’asino. Perché Bersani non cerca una nuova legge elettorale qualsiasi, ma quella gradita al suo partito. E cioè il doppio turno alla francese. Ottima soluzione, lo dice anche il professore Giovanni Sartori. Ma Bersani è in grado di imporre una sua soluzione? O forse non è meglio accettare una soluzione di superamento del Porcellum? A proposito del quale non bisogna dimenticare che il medesimo Porcellum esiste perché il centrosinistra non ha mai fatto barricate per ostacolarlo prima e per cancellarlo dopo.
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