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Non ho scelto io di fare politica, mi è stata imposta dalla storia (Silvio Berlusconi)
Era il 94, avrebbe potuto essere un anno qualsiasi. Vivevo a Roma, mi ero trasferita da poco da Perugia, ero ancora solo al secondo cambio di facoltà all’università (troppi ne sarebbero seguiti) vivevo con mio fratello, mia cugina Emi, un paio di cani. A via Massaciuccoli, davanti al cinema Lux e all’ex Joy. Stavo con tale Andrea e lavoravo per i di lui genitori in una società di amministrazione di condomini. Avevo da poco abbandonato il gruppo di “giovani leninisti” che frequentavo e avevo (ancora) l’abbonamento in curva Sud.
Quel 26 gennaio me lo ricordo. Quello della Standa. Della tv. La “discesa in campo”. Il primo messaggio a reti unificate. Che manco il Papa. Che giusto il presidente per gli auguri di inizio anno. Che poi è stato l’anno del suicidio di Kurt Cobain. Dell’incidente che uccise Ayrton Senna (piansi, sì). La condanna del Pacciani. L’anno dell’inizio del genocidio in Ruanda. Insomma i segni che qualcosa d’infausto sarebbe successo ci stavano tutti.
Oggi è il 2012. Il dieci dicembre per l’esattezza. Vivo a tra Cosenza e Bisanzio, non studio più all’Università (yeppa). Mio fratello si è sposato e ha messo al mondo due meravigliose creature. Anche mia cugina si è sposata. A dire il vero tutti i miei cugini si sono sposati (tranne me, tranne me. Lo so, lo so). I cani sono trapassati, con nostro immenso dolore. Lavoro (precariamente adesso ma non per colpa mia). Amo Simone. Non vado più allo stadio. E cambio casa quasi ad ogni giro di trottola.
Ho rivoluzionato la mia esistenza uno svariato numero di volte. Una sola unica costante in questi lunghi, lunghissimi diciotto, quasi diciannove anni.
Lui. Silvio
Poi c’è gente che mi chiede perché sono una disturbata.
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