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Miele&Fiele per una volta lascia la politica. C’è di mezzo un ricordo personale: Lucio Dalla. A nove mesi della sua morte la Rai gli ha dedicato un programma, peccato che l’abbia condotto Massimo Giletti. Palesemente inadeguato. Lucio Dalla è stato la colonna sonora della mia vita. Bologna è la mia seconda città. Lì mi sono sposato, lì mi sono operato, lì vive mia sorella. Mi sono sposato nella Chiesa dei Celestini in via D’Azeglio, di fronte il palazzo di Lucio Dalla. Che vedevo spesso nei miei lunghi soggiorni bolognesi. Al Caffè Duca D’Amalfi, proprio sotto casa sua dove nella targhetta si leggeva: “Dott. Domenico Sputo”. 
L’ho visto d’estate in canotta, d’inverno con la pelliccia di lupo. Di giorno e di notte. Alla libreria Feltrinelli sotto le due torri,  al Pavaglione dal tabaccaio che vendeva le pipe prodotte da Sgrenci di Brognaturo, alla gastronomia Tamburrini, al bar Otello, covo dei tifosi felsinei. Alla profumeria Limoni, nella camiceria Pancaldi. Persino al Caffè Guglielmo di via Indipendenza. L’ho incrociato tante volte. Incontrandolo gli dicevo, vedendolo fare agli altri, ciao Lucio. E lui abbozzava un sorriso: ciao. L’ultimo suo concerto cui ho assistito è stato al Politeama di Catanzaro nel tour con Francesco De Gregori.

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