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ISOLA CAPO RIZZUTO (Crotone) – Dopo la cicerchia della legalità, nel mirino finisce anche l’orzo antimafia. Non c’è pace per i volontari di Libera al lavoro nelle terre tolte alla cosca Arena. Due raid a distanza di una settimana sono troppi per evitare di pensare a delle mere coincidenze. Nella fitta serie di attentati ai beni confiscati alle mafie e gestiti da Libera bisogna annoverare anche l’incendio, avvenuto ieri intorno alle 13,30, di 7500 metri quadrati, pari a un terzo di ettaro, coltivati a orzo sui terreni sottratti a un clan tra i più potenti della ‘ndrangheta. Lo scorso 2 luglio, invece, in seguito al pascolo abusivo di un gregge, erano andati distrutti cinque ettari su cui erano stati coltivati i legumi della legalità. Non era una coincidenza, allora, secondo il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, che riconduceva l’incursione a un elenco che comprendeva anche il tentativo di incendio degli aranci a Lentini, in Sicilia, e il rogo di dodici ettari di grano che sarebbero servita per realizzare i paccheri della legalità a Piganataro Maggiore, in Campania. Ieri, sempre nella località Cardinale, un nuovo incendio, divampato all’ora di pranzo. I referenti territoriali di Libera hanno richiesto l’intervento dei vigili del fuoco. Subito dopo i pompieri, che ritengono che il rogo potrebbe essere di origine dolosa, sono accorsi anche carabinieri e polizia, che hanno avviato le indagini. Per don Ciotti, sono i prodotti antimafia a «fare paura perché coniugano il gusto della qualità con la corresponsabilità» e pertanto «non si può più pensare a delle coincidenze». Ma torniamo a Isola Capo Rizzuto.
Il servizio completo, a cura di Antonio Anastasi, sull’edizione cartacea di oggi del “Quotidiano della Calabria”.
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