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MENTRE la stagione regolare si sta per concludere, non mancano i soliti “intoppi” relativi al mancato pagamento delle spettanze dei calciatori. Si parla di “rimborsi” anche se in moltissimi casi sappiamo bene che si tratta di veri e propri stipendi (in alcuni club, pochi per la verità, ci sono “mensili” da 3 o 4 mila euro).

Il problema, al solito, è che all’inizio del girone di ritorno puntualmente diverse società vanno in crisi, nel senso che non sanno come far fronte a determinate spese e quindi non rispettano gli accordi presi con i giocatori. Uno sponsor che non versa quanto promesso, un dirigente che si defila, delle spese non preventivate sono soltanto alcune delle “scuse” che vengono prese a pretesto per non pagare.

Partiamo da un fatto: in molti casi i giocatori pretendono cifre “assurde” e rilevanti, ma se c’è qualche dirigente disposto a dargliele, poi è naturale che l’anno successivo gli stessi giocatori partono da quella cifra per trattare il proprio ingaggio. Allo stesso tempo presidenti e dirigenti, quando raggiungono l’accordo con i propri tesserati, non hanno certo la pistola puntata alla testa! Quindi le colpe principali sono proprio di chi guida il club.

E’ vero che si è in un periodo di crisi e che è sempre più difficile trovare gente disposta ad investire nel calcio, ma quando si prendono degli accordi, questi vanno sempre rispettati e una seria e oculata gestione finanziaria di un club, anche dilettantistico, impone di fare i conti con quello che si ha attualmente in cassa e come base di partenza e di arrivo e non sperando in contributi più o meno aleatori che arrivino in corso d’opera.

A volte il fatto che la squadra non abbia raggiunto determinati obiettivi costituisce un motivo di mancata corresponsione degli emolumenti. Aspettarsi dei passi indietro da parte dei calciatori che falliscono l’obiettivo sarebbe una cosa gradita e magari anche doverosa, ma questo raramente avviene. Ecco perché sarebbe il caso che tanti club, al momento di stipulare gli accordi con i calciatori (che spesso si ritrovano fra le mani assegni “cabriolet”) stabiliscano una parte fissa, da corrispondere mensilmente e con puntualità, ed una parte dell’ingaggio mirata all’obiettivo da raggiungere.

Si eviterebbero tanti “intoppi” e, allo stesso tempo, ne guadagnerebbe anche la regolarità dei campionati, perché non hanno altra spiegazione il rendimento super di determinate squadre nel girone di andata e scadente in quello di ritorno.

L’ultimo pensiero di questa analisi, però, lo rivolgiamo anche ai calciatori, perché gli stessi raramente denunciano pubblicamente ciò che succede, nel timore, magari, di perdere ogni speranza di ricevere quanto promesso (cosa che poi avverrà ugualmente!). Ci è capitato spesso di sollevare questo fenomeno e poi abbiamo saputo (in via confidenziale dagli stessi calciatori) che la società ha di fatto “imposto” la smentita, dietro la minaccia di non corrispondere quanto dovuto.

Nel calcio dilettantistico, purtroppo, succede anche questo!

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