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IL tweet di domenica pomeriggio della Lega Nazionale Pallacanestro è un avviso ai naviganti: se si va punto a punto vince Agropoli. Tre su tre nel girone Ovest, sullo scaffale gli scalpi di Barcellona, Agrigento e Ferentino. Il primato provvisorio (condiviso con Tortona) costruito senza mai arrossire, da matricola, di fronte ad avversari che fino a qualche mese fa venivano ammirati solo in tv.
Ultima a cadere nella tana dei Delfini, un palazzetto rinnovato e sempre pieno, l’ambiziosa Ferentino di Imbrò e degli ex azzurri Bulleri e Gigli. Non un’avversaria qualsiasi.
Agropoli sogna e la favola porta la firma di Antonio Paternoster, il tecnico potentino che ha costruito nella cittadina cilentana il suo laboratorio di basket vincente e sostenibile. Merito anche di una società nata a dimensione familiare sotto la presidenza di Giulio Russo, ma che ha saputo evolversi costruendo intorno al suo allenatore un progetto pluriennale che sta portando frutti. Succede, anche al Sud. E pensare che la A2 Agropoli se l’è vista restituire dal destino, ripescata in estate al posto di Napoli dopo che l’urlo di gioia era rimasto in gola nella spettacolare final four di giugno a Forlì, al cospetto delle corazzate Siena, Fortitudo Bologna e Rieti. Sembrava già serie A, ma la festa era al piano inferiore. Rimase esclusa la meno nobile tra le invitate, penalizzata da una formula assurda.
Difficilmente in B Paternoster sarebbe rimasto su quella panchina. Questione di stimoli. Cosa fare di più dopo aver perso un totale di dieci partite in due anni? Poi ci ha pensato la Fip a rimettere le cose al loro posto.
«Questo avvio di stagione premia i sacrifici di una squadra completamente nuova – spiega – ma che dal 23 agosto ha lavorato ogni giorno seguendomi con un’intensità e una dedizione incredibile. Il gruppo è stato costruito scegliendo giocatori dalle indubbie qualità, ma tutti desiderosi di riscatto o in cerca della definitiva consacrazione».
Santolamazza, Spizzichini, Trasolini, Tavernari, insieme a una pattuglia di under selezionati con cura tra i migliori prospetti dell’under 19, ma con poca esperienza tra i grandi. La stella è Terrence Roderick, primo americano della storia del club, rispolverato dalla seconda serie israeliana dopo aver già assaggiato la serie A in una parentesi sfortunata a Cremona.
«Se continua così, nel massimo campionato italiano può tornarci senza problemi – spiega il tecnico – ma guai a sentirci arrivati. Vale per lui e per gli altri». Le motivazioni fanno la differenza, a supporto del lavoro quotidiano che vede Paternoster affiancato, già dallo scorso anno, dal giovane coach bernaldese Giuseppe Delia.
«Il nostro obiettivo non cambia – ci tiene a sottolinerare – dobbiamo conquistare prima possibile la salvezza e oggi guardo la classifica solo in relazione ai sei punti di vantaggio che abbiamo sulle ultime». Senza voli pindarici, anche se è difficile quando tutta l’Italia del basket parla di te.
A proposito, Ferentino chiude un cerchio. Nel 2009 proprio contro i laziali Paternoster allenò per l’ultima volta la Potenza ‘84, squadra della sua città. Dopo cinque sconfitte nelle prime giornate di quel campionato di B1 riuscì a battere la capolista, festeggiando insieme al pubblico del PalaPergola. Ma in tribuna c’era già un altro allenatore e il giorno dopo arrivò l’esonero. Dalla vetta della A2, anche i paradossi del passato fanno sorridere.
Twitter @pietroscogna
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