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La notte lungo l’A14 non passa mai. Le gambe sono tormentate da 90’ giocati senza allenamenti alle spalle. E’ già un successo che nessuno si sia fatto male seriamente. Ma Cittadella-Potenza ha lasciato un segno nella testa, più che nel fisico di ragazzi comunque nel pieno del loro vigore. Sul pullman si fa fatica a prendere sonno e gli smartphone fanno luce. Sugli schermi i primi titoloni dei giornali on line (alcuni sparati fuori misura), i primi sproloqui in libertà (troppa) su Facebook. Nel commentare una serata che non sarebbe dovuta esistere si è perso il controllo. Partono i primi messaggi: familiari, fidanzate, amici.
Ma non potevano fermarsi dopo il primo tempo? “E cosa avremmo risolto? Meglio così, altrimenti dopo l’intervallo sarebbe stato un lungo torello fino alla fine. E’ stato meno umiliante vederli giocare”. E poi gli applausi del pubblico a fine gara, che i social network – mostrando questa volta il loro volto buono – hanno reso virali. “Troppa gente parla, ma la faccia per venire fin qui gratis ce l’abbiamo messa noi”, scrive qualcuno. Le interazioni rimbalzano intorno al tema più discusso: ma perché infierire su un avversario inerme? In realtà il problema pare se lo sia posto il capitano del Cittadella Manuel Iori, classe 1982 e tanta serie B alle spalle, ben tredici anni più grande rispetto al più esperto calciatore sceso in campo con la maglia del Potenza. Un cenno alla panchina, un colloquio con l’allenatore Venturato subito dopo l’intervallo, quando (sul 5-0) i cambi avevano ulteriormente indebolito i rossoblù. “Mister, rallentiamo?”. Un cenno con la testa, la gestualità che accompagna: no, bisogna continuare, perché non sarebbe giusto il contrario. E poi Bizzotto, che ha segnato quattro gol, è del 1996. Coetaneo dei ragazzi arrivati dalla Basilicata. Come fai a dirgli di fermarsi?
Dal pullman: “Troppe chiacchiere, non ci hanno mai mancato di rispetto. Abbiamo visto il calcio vero, da quando siamo arrivati allo stadio a quando siamo usciti, tra gli applausi. Ci hanno trattati da squadra vera, non come una banda di ragazzini. Hanno giocato la loro partita, senza mai una parola fuori posto. A volte anche incoraggiandoci”. Lo prendiamo come il pensiero della maggioranza, al netto di qualcuno che può dissociarsi. La maglietta del Cittadella però l’hanno avuta in regalo tutti. Non era un semplice gadget da portare a casa, ma un attestato di stima. Tra uomini di calcio funziona così. I chilometri per arrivare a Potenza non passano mai, ma gli occhi restano spalancati e i sedili non si abbassano. Viaggiano tutti a testa altissima.
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