3 minuti per la lettura
PASSANDO in questi giorni nelle vicinanze dei teatri di Potenza si incrociano sguardi carichi d’amore, ma allo stesso tempo persi nel vuoto. Sono quelli dei padri chiamati al proprio dovere nel momento più duro: i saggi di danza. E’ un periodo caldissimo, ricco di appuntamenti per un settore evidentemente non in crisi. La dedizione paterna si concretizza nell’accompagnare le figlie alle lunghe e dolorose sessioni di prove, iniziando così a metabolizzare l’amarezza (forse non confessabile, in famiglia) di dover passare lì una delle prossime serate. A loro la mia solidarietà, con il cuore. Perché bisogna tener presente che da oggi cambia l’agenda degli italiani, quantomeno dalle 18 in poi. Il mese dei Mondiali porta il calcio nelle case, nei bar, nelle piazze, lo rende alla portata di tutti. Poi c’è un’altra dimensione: per chi il calcio lo studia, per chi ci lavora, ma anche per chi esaspera semplicemente una sana passione, l’imminente full immersion di trenta giorni non ammette divagazioni. Praticamente senza pause, fino al 13 luglio.
IN TV Senza star qui a determinare se sia giusto o sbagliato, bisogna tener presente che per vivere a pieno quanto accadrà in Brasile non si potrà fare a meno di Sky. Sulla tv di Stato si potrà vedere l’Italia, certo, ma in totale saranno disponibili 24 partite su 64. Per intenderci, aver pagato il canone non basterà per vedere all’opera Messi nelle prime tre gare (l’Argentina verrà ignorata fino agli ottavi) mentre sarà disponibile per tutti solo una delle tre sfide nel girone del Portogallo di Cristiano Ronaldo. Il Mondiale visto dall’Italia viaggerà a due velocità e per goderselo fino in fondo servono parabola, decoder e smart card. Sky ripaga l’investimento degli abbonati con una produzione senza eguali per qualità e quantità dei contenuti. Una droga quotidiana. Salterà di certo qualche fidanzamento, in pericolo i matrimoni non rodati fino in fondo. Ma c’è chi il rischio lo correrà, potrebbe valerne la pena.
IL MONDIALE DI OGNUNO Tra le pagine dell’esistenza di chi ama lo sport, i Mondiali ogni quattro anni rappresentano un segnalibro indelebile. Il momento in cui Fabio Cannavaro alzò la coppa sotto il cielo di Berlino venne celebrato da Fabio Caressa con queste parole: «guardate dove siete, perché non ve lo dimenticherete mai, guardate con chi siete perché non ve lo dimenticherete mai e sarà l’abbraccio più lungo che una manifestazione sportiva vi abbia mai regalato, forse uno dei più lunghi della vostra vita». Non mi vergogno ad ammettere che, per quanto mi riguarda, è andata proprio così. Poi le tappe, senza andare troppo a ritroso. Nel 1998 il rigore alle stelle di Gigi Di Biagio e gli esami di terza media. Nel 2002 le vacanze al mare spensierate con gli amici di sempre, a contrattare in spiaggia con gli ambulanti le magliette del Senegal (battendo la Francia nella gara d’apertura, a Seul, gli africani divennero subito idoli). Nel 2006 quell’abbraccio di cui parlava Caressa, con gli stessi amici di sempre. E la notte di festa vissuta a Roma al Circo Massimo, al rientro della squadra dalla Germania, con un esame all’università dopo poche ore. E il 2010, la delusione in Sudafrica, il primo Mondiale vissuto in redazione. Ogni quattro anni i ricordi diventano nitidi, mentre sfumano quelli dei periodi intermedi. Certo, una dimensione personale che non si può estendere a regola. Ma è una storia che possono raccontare in tanti. Chi prende le distanze, beh, non sa cosa si perde. A ognuno libera scelta su come farsi piacevolmente sconvolgere la vita. Intensamente. Solo per un mese.
Twitter @pietroscogna
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA