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TITO –  Un tavolino con sopra una tovaglia che ricorda i picnic in campagna, una “tozza” di pane, un pezzo di formaggio secco e piccante e  una bottiglia di vino rosso  con  alcuni bicchierini pieni. Il film “Zio Angelo e i tempi moderni”  è sintetizzato da questa immagine “rurale” che accoglie il numeroso pubblico (registrato il sold out nella Sala 1) accorso per la prima  al Multicinema Ranieri. Il carattere di ruralità c’è tutto ma questa è anche una delle poche certezze sulla quale la pellicola non delude.  Come quel tavolino all’ingresso delle sale del cinema, il film   ha la simpatia della gente,  fa parte della personale storia  del popolo di questa zona, ha questa benevolenza a priori, prima che di fatto si cominci ad assaggiare cosa c’è da poter gustare. Le luci si spengono e dopo le pubblicità di rito il film parte  e il carattere di ruralità  man mano negli 86 minuti del film si trasforma e diventa quasi familiare, amichevole.  Non ci sono attori professionisti  che spesso introducono le scene  con piccole risatine  di imbarazzo  da cinepresa;   è anche evidente l’assenza di dialoghi studiati, di direzione dei protagonisti, è palese la bontà della   regia di Daniele Chiariello  che si dimostra attenta nei bei panorami naturali  e nei dettagli e c’è  una bella colonna sonora unita ad  alcune storture della post produzione come la luna ed un cielo pieno di stelle  da cartone animato.  Nell’elenco delle assenze  si deve purtroppo inserire la storia, manca del tutto. La sceneggiatura  è formata da una serie di episodi in cui il buon Zio Angelo combatte e si confronta con la modernità. Nonostante la simpatia e la presenza scenica del  protagonista spesso i suoi movimenti e le sue parole sembrano forzate. Interessante sarebbe stato costruire la storia intorno alle attitudini e al talento di Zio Angelo che comunque nel film si dimostra divertente proprio nelle scene in cui è più libero come nell’Ufficio comunale mentre discute una pratica del catasto o nel dialogo con il   cacciatore incontrato  sulla strada di casa, quest’ultima la parte più divertente e poetico – satirica  del film. La cosa che più disturba di questa pellicola è il fatto che ci sono diverse scene di un umorismo genuino che trascina chi assiste in risate  golose ma poi non c’è collegamento tra queste ed altre scene  di un tedio disarmante. Non c’è un vero inizio in questo film ed ovviamente non c’è una fine, è un prodotto ibrido tra il documentario e  un tipo di cinema che voleva essere neo realismo  dell’ultima ora. Divertente certamente, per chi conosce gli “attori” vederli sullo schermo con altri panni, piacevole vedere la gloria che circonda “Zio Angelo” presente in sala,  appassionante anche rivedere sul grande schermo luoghi, montagne e simboli dei paesi coinvolti ma questo contrasto con la realtà del moderno  e le note amare inserite quasi con forza in una sceneggiatura che non c’è lasciano un senso di forte disagio. Assolutamente antipatici ma sintomo di una sceneggiatura fantasma, sono le parole visualizzate sullo schermo ad indicare non solo il tempo che passa ma anche in alcuni casi fatti che coinvolgono i personaggi, parole che prendono il ruolo di una voce narrante che spesso viene usata anche per ovviare ad un montaggio fatto male. Assistere al film  è stato come avvicinarsi a quel tavolino ben addobbato all’ingresso e  scoprire che il pane era stantio, il formaggio non piccante e troppo salato e il vino allungato con tanta, tanta acqua.    

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