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POTENZA –  La stagione di Potenza 2013- 2014 organizzata dal consorzio “Teatri uniti di Basilicata” continua sulla scia del teatro ”civile”.

A toccare le seducenti  tavole del teatro “ Francesco Stabile”  di Potenza, domani a partire dalle 21,   sarà la bellissima Antonia Liskova che interpreterà lo spettacolo “Nel nome di chi? Dentro i muri del Vaticano” scritto da  Gabriele Guidi (anche regista)  e Ennio Speranza. Una piéce “scomoda” messa in scena da una bellezza straordinaria  del cinema e della televisione  che arriva al teatro (solo tre le piéce teatrali interpretate fin ora dalla Liskova)  proprio per raccontare  del Vaticano e delle cose indicibili, dei segreti “inconfessabili”, nascosti spesso dai muri “sacri” dell’omertà clericale. In anteprima, ritagliando un po’ di tempo  dagli impegni del set, Antonia Liskova parla dello spettacolo in un’intervista con il Quotidiano della Basilicata.

Antonia, esiste paura nel mettere in scena uno spettacolo del genere in una nazione come la nostra legata a doppio filo alla Chiesa?

«Indubbiamente lo spettacolo affronta argomenti molto delicati e nonostante la produzione abbia già realizzato in passato spettacoli di “teatro civile” con grande successo, molti teatri e circuiti hanno preferito evitare di inserirci in cartellone.

Non parlerei quindi di “paura”, piuttosto di  difficoltà da superare per ottenere la visibilità che merita questo spettacolo».

Il fatto che sia una donna anche particolarmente bella a recitare parole pesanti, può essere intesa come un’ulteriore presa di posizione o critica ad alcuni dogmi della Chiesa che da sempre ha un po’ relegato la donna e la bellezza femminile in un ruolo di “secondo piano”?

«Direi di si. Gabriele Guidi voleva una donna per questo spettacolo. Non solo perché la figura della donna è sempre stata messa in disparte all’interno della Chiesa, ma anche perché voleva che certi temi venissero affrontati con una sensibilità tipica dell’universo femminile».

Gli eventi di cronaca anche attualissimi portano alla luce di nuovo il tema della castità.

Raccontate anche dei casi di pedofilia nello spettacolo.

 La piéce fa anche una richiesta di “rivoluzione” nella Chiesa ?

«Non credo competa a me una valutazione del genere e tanto meno lo spettacolo si pone obiettivi “rivoluzionari”.

Lo spettacolo racconta tante vicende accadute negli ultimi 50 anni, (inclusi gli scandali di pedofilia) molte delle quali sono state ricostruite dagli autori dopo mesi di studio ed approfondimento di tante fonti. L’intento è far riflettere non impartire lezioni».

La donna della piéce, nonostante tutto,  non perde la sua fede. Quanto è vicina al personaggio da lei interpretato?

«Metto in scena una donna che si pone molte domande rispetto a certi episodi. Una donna che non mette in dubbio la propria fede ma sente l’esigenza di affrontare molti argomenti “scomodi” per provare a fare maggior chiarezza su quanto accaduto all’interno del Vaticano negli ultimi decenni.

Mi piace pensare che siano gli stessi interrogativi che affronta la maggior parte della comunità di credenti alla quale, per altro, io stessa appartengo».

Secondo lei il  teatro, detto “civile” è il luogo artistico migliore per parlare di certe cose?

«Negli ultimi anni c’è stato un grande interessamento del pubblico verso spettacoli di “teatro civile”; questo denota la voglia delle persone di andare a teatro, non solo per divertirsi, ma anche per riflettere, capire, approfondire».

Concludiamo. Per lei cosa è la bellezza?

«Rispondo con le parole di Ibsen: la bellezza è una convenzione, una moneta che ha corso soltanto in un dato tempo e in un dato luogo».

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