X
<
>

Share
8 minuti per la lettura

«Per i materani
solo jazz caldo»
Il celebre musicista sarà all’Auditorium il 7 dicembre
Teatri freddi? «Scarso rispetto per artisti e pubblico»
di ANTONELLA CIERVO 
Soltanto pochi giorni fa, ricevendo il Premio De Sica per le musiche del film “Cento chiodi” di Ermanno Olmi, ha ricordato ancora una volta  che con la cultura non solo si mangia ma si nutre anche l’anima. Anche per questo motivo Paolo Fresu ha voce in capitolo per parlare degli spazi culturali inadeguati nella città dei Sassi. Il celebre musicista sardo con  Matera  ha un rapporto quasi trentennale. Erano gli anni ‘80 quando Fresu avviò il suo rapporto con l’Onyx  e da quel giorno, assieme al suo quartetto, ha suonato così spesso tra i Sassi da essere stato proposto recentemente dall’associazione culturale come cittadino onorario. 
L’intervista si svolge rigorosamente al telefono; sarebbe impossibile, in caso contrario, riuscire a tenere i suoi ritmi. In sottofondo c’è naturalmente musica, rigorosamente dal vivo, rigorosamente da prove pre-concerto. 
L’esibizione al freddo  di Karima e Enrico Ruggieri è solo uno degli episodi descritti al telefono, assieme a quello della  caldaia (l’unica funzionante) che riscalda il Conservatorio ma non l’auditorium di piazza Sedile e al tema degli spazi inadeguati agli eventi. 
«Il teatro è un bene comune  e come tale va trattato. Che sia pubblico o privato, poco importa: la responsabilità vale per tutti. E deve essere un luogo confortevole, come tutti quelli in cui si fa cultura. Le persone hanno bisogno di sentirsi in sintonia con ciò che accade, con la  musica come con un’opera d’arte se si è in un museo. La gente deve essere ben disposta alla fruizione di uno spettacolo o di un film. Credo ci siano responsabilità oggettive; il fatto che si tratti di strutture pubbliche o private non solleva dalla responsabilità. Bisogna offrire un servizio di qualità. Un concerto, altrimenti, viene compromesso da aspetti come il freddo. Io stesso – spiega Fresu – non riuscirei a suonare bene. Ci sarebbero, poi, problemi pratici. I miei strumenti al di là di una certa temperatura non vanno. Viene così a mancare la comunicazione col pubblico che non essendo ben disposto non sarà caloroso con l’artista». 
Paolo Fresu si esibisce da anni a Matera, ma non ha mai dovuto affrontare problemi di questo tipo.  
«Abbiamo sempre tenuto concerti al chiuso, all’Auditorium, senza problemi di sorta. L’ultimo che ho fatto, all’aperto, in uno spazio come la Gravina, è andato bene. Lo scorso anno eravamo stati alla Casa Cava che ha problemi di fruizione legati al tipo di spazio ma dove c’è stata una ristrutturazione intelligente. Probabilmente quando ho cominciato a suonare a Matera, le caldaie funzionavano bene. Non ci si ricorda mai – ammette – di concerti in cui tutto è filato liscio, ma soltanto di quelli dove le cose non sono andate come avrebbero dovuto. In quel caso c’è una barriera da superare che richiede un dispendio di energie enorme». 
Ma nella sua carriera ha mai dovuto affrontare concerti in condizioni difficili? «Certo. Ho suonato sulle Dolomiti alle cinque del mattino, ma in quel caso si fa  un solo concerto. Più in là lo strumento non risponderebbe, i rapporti si sfaserebbero. Resta però la poesia del luogo e l’aspetto musicale in quel caso passa in secondo piano. E’ come salire sul treno per un viaggio lungo e, in pieno inverno, trovare 12 gradi. Ci sono artisti che decidono di non fare il concerto e chi, invece, si pone  l’obiettivo finale da portare a termine». 
Nel caso del concerto al cinema Duni, entrambi gli artisti hanno concluso l’esibizione. «Credo che il freddo che hanno subìto denoti mancanza di rispetto nei confronti dell’artista e del pubblico». 
Il concerto del 7 dicembre a Matera si avvicina, cosa sente di dire a pochi giorni dall’esibizione?  «A parte la mia Sardegna, è la città a cui sono più legato dal punto di vista sentimentale». 
In quanto ai concerti “gelati”, non può evitare una battuta: «Nel jazz c’è un luogo comune che parla di jazz caldo e freddo. Quest’ultimo non è mai esistito, semmai possiamo parlare di free jazz. Ai materani dico: noi vogliamo fare solo jazz caldo». 
a.ciervo@luedi.it

Soltanto pochi giorni fa, ricevendo il Premio De Sica per le musiche del film “Cento chiodi” di Ermanno Olmi, ha ricordato ancora una volta  che con la cultura non solo si mangia ma si nutre anche l’anima. Anche per questo motivo Paolo Fresu ha voce in capitolo per parlare degli spazi culturali inadeguati nella città dei Sassi. Il celebre musicista sardo con  Matera  ha un rapporto quasi trentennale. Erano gli anni ‘80 quando Fresu avviò il suo rapporto con l’Onyx  e da quel giorno, assieme al suo quartetto, ha suonato così spesso tra i Sassi da essere stato proposto recentemente dall’associazione culturale come cittadino onorario. 

L’intervista si svolge rigorosamente al telefono; sarebbe impossibile, in caso contrario, riuscire a tenere i suoi ritmi. In sottofondo c’è naturalmente musica, rigorosamente dal vivo, rigorosamente da prove pre-concerto. L’esibizione al freddo  di Karima e Enrico Ruggieri è solo uno degli episodi descritti al telefono, assieme a quello della  caldaia (l’unica funzionante) che riscalda il Conservatorio ma non l’auditorium di piazza Sedile e al tema degli spazi inadeguati agli eventi.

«Il teatro è un bene comune  e come tale va trattato. Che sia pubblico o privato, poco importa: la responsabilità vale per tutti. E deve essere un luogo confortevole, come tutti quelli in cui si fa cultura. Le persone hanno bisogno di sentirsi in sintonia con ciò che accade, con la  musica come con un’opera d’arte se si è in un museo. La gente deve essere ben disposta alla fruizione di uno spettacolo o di un film. Credo ci siano responsabilità oggettive; il fatto che si tratti di strutture pubbliche o private non solleva dalla responsabilità. Bisogna offrire un servizio di qualità. Un concerto, altrimenti, viene compromesso da aspetti come il freddo. Io stesso – spiega Fresu – non riuscirei a suonare bene. Ci sarebbero, poi, problemi pratici. I miei strumenti al di là di una certa temperatura non vanno. Viene così a mancare la comunicazione col pubblico che non essendo ben disposto non sarà caloroso con l’artista». 

Paolo Fresu si esibisce da anni a Matera, ma non ha mai dovuto affrontare problemi di questo tipo. 

 «Abbiamo sempre tenuto concerti al chiuso, all’Auditorium, senza problemi di sorta. L’ultimo che ho fatto, all’aperto, in uno spazio come la Gravina, è andato bene. Lo scorso anno eravamo stati alla Casa Cava che ha problemi di fruizione legati al tipo di spazio ma dove c’è stata una ristrutturazione intelligente. Probabilmente quando ho cominciato a suonare a Matera, le caldaie funzionavano bene. Non ci si ricorda mai – ammette – di concerti in cui tutto è filato liscio, ma soltanto di quelli dove le cose non sono andate come avrebbero dovuto. In quel caso c’è una barriera da superare che richiede un dispendio di energie enorme». 

Ma nella sua carriera ha mai dovuto affrontare concerti in condizioni difficili?

«Certo. Ho suonato sulle Dolomiti alle cinque del mattino, ma in quel caso si fa  un solo concerto. Più in là lo strumento non risponderebbe, i rapporti si sfaserebbero. Resta però la poesia del luogo e l’aspetto musicale in quel caso passa in secondo piano. E’ come salire sul treno per un viaggio lungo e, in pieno inverno, trovare 12 gradi. Ci sono artisti che decidono di non fare il concerto e chi, invece, si pone  l’obiettivo finale da portare a termine». 

Nel caso del concerto al cinema Duni, entrambi gli artisti hanno concluso l’esibizione.

 «Credo che il freddo che hanno subìto denoti mancanza di rispetto nei confronti dell’artista e del pubblico». 

Il concerto del 7 dicembre a Matera si avvicina, cosa sente di dire a pochi giorni dall’esibizione?  

«A parte la mia Sardegna, è la città a cui sono più legato dal punto di vista sentimentale». 

In quanto ai concerti “gelati”, non può evitare una battuta:

«Nel jazz c’è un luogo comune che parla di jazz caldo e freddo. Quest’ultimo non è mai esistito, semmai possiamo parlare di free jazz. Ai materani dico: noi vogliamo fare solo jazz caldo». 

a.ciervo@luedi.it

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE