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QUANDO di mezzo c’è Rocco Spagnoletta, anche un’intervista diventa motivo di speculazioni filosofiche, ironia e sorrisi. E’ però uno Spagnoletta un po’ diverso, quello che si ascolta nel disco “Lunedì” (2013- Edizioni: Officina Record), il primo lavoro discografico che lo vede solo autore insieme al bravo polistrumentista e cantautore Gianluca Sanza per una giovane voce, Antoni Viggiano classe 1992.
E’ davanti ad un Campari (in realtà Antoni Viggiano prende un succo di frutta) e qualche stuzzichino che il giovane cantante comincia a raccontare la storia che ha portato a questo lavoro: «Il disco nasce dall’incontro con Rocco Spagnoletta. Dopo averci provato più volte ci siamo incontrati dopo un concerto dei Musicamanovella– spiega – il progetto è iniziato a settembre dell’anno scorso, quando difatti Rocco mi presentava con la sua chitarra rigorosamente scordata il pezzo “Lunedì” che poi ha dato il nome al disco». Questo un pezzo che funziona, oscuro ma non troppo, triste quanto basta ma non tedioso, particolarmente poetico nel mettere a nudo un uomo lasciato dalla sua ragazza e per questo spiega Rocco, non può cantarla perché nel frattempo si è “rifidanzato”.
«Tutto sommato mi sono trovato bene con Rocco, ha scritto dei bei pezzi anche non volendo – racconta con il sorriso Antoni Viggiano – l’ultimo pezzo quello che chiude il disco è stato proprio un coniglio che esce dal cilindro». Il giovane artista parla del decimo pezzo dell’album, l’ultimo, dal titolo “Canzone dell’alba”. Anche questo un brano che emoziona ma ha delle sfumature più aperte, più solari della title track, un pezzo da cantautore classico, spiega Spagnoletta che confessa: «Lunedì è una canzone molto sofferta, sta sempre un po’ dietro.
E’ una canzone a strascico, ti tira e ti porta in questo ondulare della tristezza -continua – per l’ultimo pezzo volevo scrivere un brano alla De Gregori, l’ho fatto e poi l’ho dato ad Antoni». Una sfaccettatura dell’arte di Spagnoletta di cui si fa voce Antoni Viggiano, giovane ma con esperienze in musical e al conservatorio con lo studio del canto lirico. La tecnica quindi incontra il sangue e la carne di Rocco e di Gianluca Sanza che scrive anche totalmente testo e musica di “Piove”, un brano essenziale nel testo ma molto interessante. «Dopo dieci anni di attività con i Musicamanovella sentivo l’esigenza anche di scrivere dei pezzi pop. Ho scritto delle canzoni che però non erano adatte ai Musicamanovella – racconta Rocco – quando insieme a Gianluca Sanza ci è stato proposto di scrivere pezzi per Antoni, ho sentito la necessità di trovare un’altra forma espressiva che non doveva essere quella del folk rock.
Questo è un disco più intimista. Non è un disco facile. Deve essere ascoltato più volte per leggere le diverse sfaccettature. Io ho valuto raccontare vari stati d’animo del disco. Sei stati d’animo differenti. Ne “La figlia del re” ho provato a descrivere addirittura uno stato d’animo dal punto di vista femminile». L’autore e frontman dei Musicamanovella ha voluto quindi aprirsi ad una sorta di esperimento, condotta in simbiosi con Sanza e Viggiano, spiega: «E’ stato un lavoro di squadra. Ed a me è piaciuto molto. Solitamente scrivo da solo. Nei Musicamanovella la fase creativa è un po’ un compito mio. In questa esperienza ho voluto lavorare come una squadra, magari davo l’idea, Antoni e Gianluca aggiungevano e collaboravano – continua – è stato un lavoro davvero di insieme. Magari così abbiamo potuto scegliere i migliori brani e abbiamo anche sistemato dei pezzi che non funzionavano e di questo da solo non me ne sarei mai accorto».
Nel disco anche tre cover: «“Costruire” per un omaggio a Niccolò Fabi – spiega Antoni Viggiano – “La collina dei ciliegi” di Battisti perché è uno di quei mostri con cui volevo confrontarmi . Infine c’è “Bella” che è una dedica per una ragazza. Tutti i brani anche quelli originali sono stati scelti accuratamente, a volte modificando anche dei testi. E’ stato un lavoro lungo un anno». Un disco che va ascoltato più volte, le parole di Rocco Spagnoletta autore costruiscono le solite trappole poetiche ma questa volta la chiave per uscirne non si trova facilmente, questa volta i tranelli linguistici vengono sostituiti da cocenti metafore. Il tutto affidato ad una bella voce, acerba forse in alcuni tratti, ma potente, pulita anche troppo se proprio bisogna trovare un difetto. «Mi è piaciuto molto lavorare con Rocco e Gianluca. Abbiamo lavorato in modo stretto, mi sentivo più con loro che con la ragazza.
Questo disco è un punto di partenza. Questo lavoro è l’attesa di una chiamata, di attendere qualcosa di grosso – spiega Antoni Viggiano – Il mio sogno è di fare musica insieme ad altri. Di questo progetto mi porto il prima, la fase costruzione, scriverci, sentirci, collaborare. L’emozione di condividere con altre persone di non fare musica da solo».
Consiglio di Rocco è quello di far vivere il disco tra la gente: «Ogni lavoro deve essere ispettorato. Il consiglio che posso dare ad Antoni è creare una band e girare nei locali. Deve portare in giro la sua musica che è un po’ anche la mia. Sentire lui che canta le tue cose, è come una piccola creatura che hai affidato a lui e lui la fa crescere il modo migliore per farla crescere e suonare dal vivo. Non credo nella discografia. Bisogna uscire dall’idea di prodotto e farlo diventare un qualcosa che vive tra la gente – spiega – a me è piaciuto molto in Antoni, il sogno. Forse è già questo disco un po’ la realizzazione del suo sogno.
Un sogno che si realizza è come quando una ragazza ti dice sì». Il Campari finisce lasciando il sordo alone rossastro sul fondo del bicchiere e poi arriva anche la fine anche della chiacchierata: «La Bellezza è l’armonia di stare insieme» – conclude Antoni ed aggiunge Rocco: «La Bellezza è il fine ultimo dell’arte».
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