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di MARGHERITA AGATA
MONTALBANO JONICO – Lo spirito del patriota Francesco Lomonaco ha aleggiato tra gli spazi del Giardino delle mura medievali per tutta la durata della rassegna  “Occhi aperti” e questa sera, dopo un lungo e avventuroso percorso attraverso linguaggi e stili teatrali diversi (dal cabaret alla poesia), finalmente si materializzerà sul palcoscenico. Si intitola, infatti,  “Lomonaco e il suo doppio” lo spettacolo con cui si conclude la prima stagione teatrale estiva del Comune di Montalbano jonico, affidata alla lungimirante e accorta direzione artistica di Giuseppe Ranoia.
 Il monologo, frutto di una rielaborazione in forma scenica della vita, gli scritti e il pensiero del letterato e scrittore nativo di Montalbano, ad opera di una penna raffinata e prestigiosa qual è quella di Amedeo Messina, fa rivivere una pagina di storia preziosissima in chiave leggera e “sognante”, com’è nello stile di Giuseppe Ranoia.
 In scena oltre all’attore e regista montalbanese, nei panni di Rocco Malvasi il “famiglio” fedele e istrionico di Lomonaco, lo “scemo di guerra” Peppino Aiello, interpretato da Giuseppe Torsello, un ingegnere aerospaziale prestato al teatro. Essenziale e scarna la scena: un tavolo, due sedie, qualche candela. La scena è tutta dell’alter ego di Lomonaco, il famiglio Rocco che fa scorrere davanti agli occhi del pubblico, in una sorta di dialogo a distanza, la tormentata esistenza del giovane patriota, morto suicida il 1 settembre 1810 a Pavia. Il racconto è inframezzato dalla lettura di scritti del giovane letterato, divenuto presto un riferimento per tutti i più importanti intellettuali e scrittori dell’epoca. Dalla piccola Montalbano, infatti, Lomonaco trovò a Napoli, dove consegue prima la laurea in medicina e poi quella in giurisprudenza, la prima importante platea e poi in Francia, dove riparò dopo essere riuscito a  sopravvivere alla reazione borbonica che nel 1799 soffocò  nel sangue i moti della Repubblica Partenopea, sembra  grazie a un banale errore di trascrizione del suo cognome (da Lomonaco in Lamanica). «Ma i segni di quella stagione intellettuale e politica – ricorda Giuseppe Ranoia- accompagneranno per sempre Lomonaco che vivrà come una colpa grave essere sfuggito alla condanna a morte toccata, invece, ai suoi amici più cari, tra cui un altro lucano illustre, Mario Pagano». Espressione altissima dell’età dei lumi e precursore del pensiero risorgimentale Lomonaco, entrò presto in amicizia con figure di spicco come Vincenzo Monti, Ugo Foscolo, del quale divenne amico e medico personale, nonché precettore del fratello minore Giulio e con il giovane Alessandro Manzoni, grazie al quale ottenne la cattedra di storia e geografia presso il Collegio militare di Pavia: convinto che «senza la conoscenza della storia – e della geografia umana – non si può divenir né guerrieri né politici». Lomonaco divenne presto un faro nei salotti letterari, frequentati da quanti dicevano di avere a cuore le sorti della Patria, affascinati dalle sue idee unitarie. Un intellettuale, dunque, di primissimo piano che Giuseppe Ranoia ha ritenuto doveroso ricordare nella città che gli ha dato i natali, rispolverando il monologo rappresentato per la prima volta nel 2008 all’interno del progetto Culture in loco e riproposto nel 2010 in occasione del bicentenario della morte. «Il sogno – dice Ranoia- è riuscire a portare questo spettacolo anche a Pavia, dove Lomonaco ha trascorso l’ultima parte della sua breve ma intensa vita». Intanto a Montalbano, domani sera, alle 20,30 si continua a sognare. Rigorosamente a “Occhi aperti”.
m.agata@luedi.it

MONTALBANO JONICO – Lo spirito del patriota Francesco Lomonaco ha aleggiato tra gli spazi del Giardino delle mura medievali per tutta la durata della rassegna  “Occhi aperti” e questa sera, dopo un lungo e avventuroso percorso attraverso linguaggi e stili teatrali diversi (dal cabaret alla poesia), finalmente si materializzerà sul palcoscenico. 

 

Si intitola, infatti,  “Lomonaco e il suo doppio” lo spettacolo con cui si conclude la prima stagione teatrale estiva del Comune di Montalbano jonico, affidata alla lungimirante e accorta direzione artistica di Giuseppe Ranoia. Il monologo, frutto di una rielaborazione in forma scenica della vita, gli scritti e il pensiero del letterato e scrittore nativo di Montalbano, ad opera di una penna raffinata e prestigiosa qual è quella di Amedeo Messina, fa rivivere una pagina di storia preziosissima in chiave leggera e “sognante”, com’è nello stile di Giuseppe Ranoia. In scena oltre all’attore e regista montalbanese, nei panni di Rocco Malvasi il “famiglio” fedele e istrionico di Lomonaco, lo “scemo di guerra” Peppino Aiello, interpretato da Giuseppe Torsello, un ingegnere aerospaziale prestato al teatro. Essenziale e scarna la scena: un tavolo, due sedie, qualche candela. 

La scena è tutta dell’alter ego di Lomonaco, il famiglio Rocco che fa scorrere davanti agli occhi del pubblico, in una sorta di dialogo a distanza, la tormentata esistenza del giovane patriota, morto suicida il 1 settembre 1810 a Pavia. Il racconto è inframezzato dalla lettura di scritti del giovane letterato, divenuto presto un riferimento per tutti i più importanti intellettuali e scrittori dell’epoca. Dalla piccola Montalbano, infatti, Lomonaco trovò a Napoli, dove consegue prima la laurea in medicina e poi quella in giurisprudenza, la prima importante platea e poi in Francia, dove riparò dopo essere riuscito a  sopravvivere alla reazione borbonica che nel 1799 soffocò  nel sangue i moti della Repubblica Partenopea, sembra  grazie a un banale errore di trascrizione del suo cognome (da Lomonaco in Lamanica). «Ma i segni di quella stagione intellettuale e politica – ricorda Giuseppe Ranoia- accompagneranno per sempre Lomonaco che vivrà come una colpa grave essere sfuggito alla condanna a morte toccata, invece, ai suoi amici più cari, tra cui un altro lucano illustre, Mario Pagano». 

Espressione altissima dell’età dei lumi e precursore del pensiero risorgimentale Lomonaco, entrò presto in amicizia con figure di spicco come Vincenzo Monti, Ugo Foscolo, del quale divenne amico e medico personale, nonché precettore del fratello minore Giulio e con il giovane Alessandro Manzoni, grazie al quale ottenne la cattedra di storia e geografia presso il Collegio militare di Pavia: convinto che «senza la conoscenza della storia – e della geografia umana – non si può divenir né guerrieri né politici». 

Lomonaco divenne presto un faro nei salotti letterari, frequentati da quanti dicevano di avere a cuore le sorti della Patria, affascinati dalle sue idee unitarie. Un intellettuale, dunque, di primissimo piano che Giuseppe Ranoia ha ritenuto doveroso ricordare nella città che gli ha dato i natali, rispolverando il monologo rappresentato per la prima volta nel 2008 all’interno del progetto Culture in loco e riproposto nel 2010 in occasione del bicentenario della morte. «Il sogno – dice Ranoia- è riuscire a portare questo spettacolo anche a Pavia, dove Lomonaco ha trascorso l’ultima parte della sua breve ma intensa vita». Intanto a Montalbano, domani sera, alle 20,30 si continua a sognare. Rigorosamente a “Occhi aperti”.

 

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