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Culle vuote in Calabria - immagine di repertorio

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LA CALABRIA continua a perdere abitanti. A dirlo il Censimento 2021 dell’Istat, i cui primi dati sono stati diffusi ieri dall’istituto. Meno nascite e troppe partenze – con un saldo migratorio negativo – vedono la regione perdere, rispetto a dieci anni prima, circa 100mila residenti: un calo del 5,3 per cento. Per capire meglio la portata del dato, possiamo raffrontarlo con la media nazionale: nello stesso periodo – il decennio 2011/2021 – il Paese ha perso poco più di 400mila abitanti, con una variazione pari a meno 0,7 per cento. Il raffronto con un’altra regione del Sud, per la quale l’Istat ha già diffuso i dati preliminari del censimento, conferma la prestazione negativa della Calabria: in Campania la popolazione, rispetto a dieci anni fa, è diminuita del 2,5 per cento.

A cosa è dovuto questo calo? È il frutto – spiega l’Istat – di un saldo naturale negativo (-9.413 unità), al quale si somma un saldo migratorio totale negativo (-6.111 unità), nonostante un saldo censuario – il correttivo totale che consente il riallineamento del calcolo della popolazione residente alle risultanze censuarie – positivo (+10.377) e un recupero dei movimenti demografici internazionali nel 2021 rispetto al 2020. «La dinamica naturale – proseguono i ricercatori dell’istituto di statistica – conferma il trend negativo in corso. La mortalità aumenta: il tasso di mortalità passa dall’11,2 per mille del 2020 al 12,2 per mille del 2021, con un picco del 12,5 per mille della provincia di Cosenza. Tra il 2020 e il 2021 il tasso di natalità è leggermente diminuito, da 7,4 a 7,1 per mille».

Nel raffronto con l’anno precedente, si trova la conferma della tendenza, con un calo dei residenti dello 0,3 per cento (5.147 individui in meno). In tutto la popolazione in Calabria nel 2021 ammontava a 1 milione 855mila 454 residenti.

I DATI DELLE PROVINCE SUGLI ABITANTI IN CALABRIA

La riduzione più significativa – nell’arco di tempo 2011/2021 – si registra nella provincia di Vibo Valentia (-7,3%) e nella provincia di Cosenza (-5,5%). Solo tre comuni – su 404 – hanno visto crescere la popolazione: si tratta di Settignano, Montalto Uffugo e Botricello.

Rispetto al 2020, poi, a livello provinciale Reggio Calabria perde 1.664 residenti, seguita da Cosenza (-1.576 residenti), mentre Vibo Valentia registra il maggiore decremento relativo (-0,4%).
Il tasso di natalità resta quasi stabile nella provincia di Catanzaro, diminuisce in tutte le altre, principalmente a Vibo Valentia e Reggio Calabria.

Tra il 2020 e il 2021 il 34,7% dei comuni non ha subìto perdite di popolazione e tra questi non è presente alcun capoluogo di provincia. Invece sono 264 i comuni dove la popolazione diminuisce: in valore assoluto le perdite più consistenti si registrano a Crotone (-764), Catanzaro (-574) e Reggio Calabria (-547); in termini relativi nei comuni di Laganadi (-6,9%) e Santo Stefano in Aspromonte (-6,2%), entrambi in provincia di Reggio Calabria.

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PIÙ DONNE CHE UOMINI

La prevalenza della componente femminile nella struttura per genere «si conferma anche nel 2021 – scrive l’Istat – Le donne rappresentano il 51 per cento del totale e superano gli uomini di 38mila unità. La prevalenza si evidenzia particolarmente nelle età più avanzate per la maggior longevità femminile».

SIAMO UNA REGIONE GIOVANE

Nel 2021 l’età media, 45,5 anni, risultava in aumento rispetto al 2020 (45,2), anche se si confermava più bassa dei 46,2 anni della media nazionale. In crescita l’indice di vecchiaia, passato da 173,3 del 2020 a 178,6 del 2021. Lievemente in aumento l’indice di dipendenza degli anziani: da 35,8 del 2020 a 36,3 del 2021. A livello provinciale Crotone e Reggio Calabria risultano i territori con la struttura demografica più giovane; all’opposto, il processo di invecchiamento è più evidente nelle province di Cosenza e Catanzaro.

TRA I LAUREATI PREVALGONO LE DONNE

Nel 2021 «gli analfabeti e alfabeti senza titolo di studio rappresentano il 6,4 per cento dei residenti (4,1 per cento in Italia); il 15,9 possiede la licenza elementare, il 27,9 ha conseguito il diploma di licenza media, il 35,1 ha il diploma di scuola secondaria o di qualifica professionale, il 14,8 possiede un titolo accademico. Complessivamente l’incidenza del livello di istruzione più basso (da analfabeti a licenza media) è di poco superiore al valore nazionale e rappresenta poco più della metà della popolazione residente.

La componente femminile prevale fra le persone con titolo universitario (56,9% dei laureati o con titolo superiore), in particolare per le donne di età compresa tra i 25 e 64 anni, ma anche tra quelle prive di un titolo di studio (60,1%) e in possesso della sola licenza elementare (56,6%), soprattutto nella classe d’età 65 anni e oltre.

MA SUL LAVORO PREVALGONO I DIVARI DI GENERE

Nel 2021 il tasso di occupazione in Calabria è stato del 36,8 per cento, nove punti percentuali sotto il valore medio italiano, come più bassa risulta la percentuale di occupate donne (28,6 per cento contro 37,9 per cento dell’Italia).

«In Calabria – segnala l’Istat – permane una situazione piuttosto sfavorevole all’occupazione femminile e uno squilibrio di genere, con valori superiori rispetto alla media nazionale. Nel 2021, il gap di genere del tasso di attività è di circa 18 punti (uomini 51,9 per cento, donne 33,9 per cento), la distanza tra il tasso di occupazione delle donne (28,6 per cento) e quello degli uomini (45,6 per cento) di 17 punti, il tasso di disoccupazione delle donne (15,6 per cento) è più di 3 punti superiore a quello degli uomini (12,2 per cento)».

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