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Carlo França

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POTENZA – Questa è una storia che va oltre il calcio. Questa è la storia di valori, sentimenti, buone azioni. Questa è la storia di un centravanti che i gol li ha fatti in campo e che continuerà a farli fuori. Ed è sempre un piacere rincontrare il suo sorriso e scambiare qualche impressione che non sia solo di calcio. Anche se inevitabilmente non si può prescindere dalla ragione di vita.

Carlos França, a Potenza, è un valore aggiunto. Dopo un anno di assenza è come se non fosse mai partito: lo si capisce dai saluti, dai selfie lungo via Pretoria, dall’accoglienza nei negozi e dall’impossibilità di passare inosservato.

Perchè Carlos per Potenza vuol dire tanto e tanto varrà anche in futuro, quando magari tra qualche anno sarà di nuovo qui a ricordare ai più e ai meno giovani la sforbiciata col Cerignola o la prima rete tra i professionisti in una carriera luminosa.

Carlos tra una lezione sulla leadership e qualche consiglio su come si calcia il pallone, nell’ambito del suo progetto con i più piccoli, iniziato due anni fa in città, ci racconta qualche emozione, qualche sensazione del suo ritorno nel capoluogo lucano.

«Ho detto più volte che Potenza è il posto dove io e la mia famiglia ci siamo trovati meglio in Italia e questa sensazione la proviamo sempre anche in questi giorni, tornando dopo un anno. Quello che sentivamo quando arrivammo qui ha trovato conferma: eravamo e siamo stati nel posto giusto».

Anche se con un rigore sbagliato a Reggio Emilia, il bilancio potentino è estremamente positivo.
«Non nego che quel rigore mi ha tolto il sonno per diverse notti. Con un po’ di pazienza sono riuscito a metabolizzare. Allora ci è voluto un po’ di tempo e ora non mi fa piacere ricordare. Fa parte della vita: quel rigore mi ha insegnato tanto ed ho cercato di ritrovare la forza dove sempre la trovo per superare quel momento consapevole che sono certo di poter sempre migliorarmi. Comunque resto fiero di tutto quello che ho fatto a Potenza».

Anche fuori dal campo?
«Quello che ricevo e che ho ricevuto, oltre il calciatore, oltre il personaggio, è ciò che mi fa più piacere e mi fa stare meglio».

E lontano da Potenza come è stato?
«Buon inizio a Seregno, nonostante un ritiro travagliato. Dopo tre partite però la rottura del legamento crociato. E’ stato un colpo per me e per i miei compagni il mio infortunio. Mi sono rimesso alla prova, a lavorare sulla riabilitazione e già dopo tre mesi correvo. Ero molto fiducioso di poter aiutare la squadra nella volata finale».

E’ stata dura rialzarsi?
«Durante la riabilitazione ho avuto un momento particolare, in clinica in Brasile dalla mattina alla sera mi sono venuti in mente troppi ricordi del passato. Ho anche dovuto staccare, perchè era giusto meditare, stare in pace per ripartire. Non è stato semplice rivivere nella stessa clinica, negli stessi posti. E’ stato molto particolare. Ma bisognava andare avanti, rialzarsi, guardare il futuro con speranza. Ciascuno di noi ha avuto momenti bui, anche io, ma adesso grazie a Dio sto molto meglio».

Poi il colpo di scena.
«La chiamata della società mi ha sorpreso: mi hanno chiesto di fare l’allenatore. Anche se so che non si chiede il perchè ti capitano le cose, mi sono interrogato molto. Il Signore mi ha dato le risposte e mi ha aiutato anche a vivere una cosa che non accettavo, ossia l’essermi fatto male».

E adesso ti senti più allenatore, dopo aver vinto il campionato di D, o ancora il bomber di sempre?
«Credo che nulla succede per caso. Quando ho capito di poter dare il mio contributo in maniera diversa, l’ho accettato. Non pensavo potesse accadere così presto, ma è stato molto esaltante. L’esperienza mi è piaciuta molto e oggi sono convinto di poterlo fare, proprio come quando ero in campo. Bisogna credere in noi stessi per affrontare le sfide. Per il futuro, la guida del Signore mi indicherà la strada, ma non ti nego che giocare mi stuzzica: cercherò di capire la volontà del Signore per la mia vita. Non posso negare che sono arrivate richieste, anche perchè il Seregno ancora non ha deciso cosa fare con me».

Quindi tornando a parlare di calcio e di Potenza, cosa ti viene in mente?
«Gli episodi belli sono davvero tanti, dentro e fuori dal campo. Dovunque sono stato sono stato accolto benissimo, ho potuto testimoniare tante mie esperienze. Poi il calcio, tanti gol, la festa della gente che ho visto felice. Il gol in rovesciata, ma anche quello a Cerignola, oppure la rete contro la Sarnese all’ultimo minuto, la gioia popolare col Taranto, la rete nei playoff alla mia cara Triestina, i primi due gol da professionista a Rende. Davvero tanti momenti che mi emozionano, mi fanno venire la pelle d’oca. Ma fuori dal campo è stato anche di più, con i bambini con le persone alle quali sono riuscito a far capire l’amore di Dio: sono quelli i momenti più importanti che mi resteranno per sempre».

Quale è stato il gol più importante quindi?
«Uno dei più belli e più pesanti è stato a Cerignola, di testa, alla fine di una partita che perdevamo contro dei diretti concorrenti».

Voglio però sottolineare anche i gol fuori dal campo. Come questa iniziativa con i piccoli calciatori.
«Abbiamo iniziato a fare questo progetto con i bambini due anni fa, poi il covid ci ha fermato. È questa la generazione sulla quale dobbiamo investire. Il calcio è lo strumento che dobbiamo usare per far arrivare i valori e per preparare i ragazzi a questo mondo che è cambiato. In questa fase in cui tutti hanno avuto grandi problemi per la pandemia, dobbiamo capire che l’impegno di tutti noi deve essere ancora più intenso di prima per infondere a loro i veri valori».

Segui e seguirai sempre il Potenza, giusto?
«Sempre. L’anno scorso all’inizio c’è stata grande sofferenza, ma con Gallo è stato tutto diverso, l’atteggiamento tattico e la determinazione della squadra. Si è vissuta un’atmosfera diversa, c’è stata molta più fiducia. Gallo è stato eccezionale, la cosa più giusta è riaverlo qui. Ora, con qualche innesto mirato, si potrà fare di nuovo un campionato importante. Mi auguro che il Potenza possa fare il migliore campionato possibile ed arrivare tra i primi sei posti. Sarebbe il massimo dopo un anno di assestamento, in un periodo difficile».

Potrà mai pensarsi a un tuo ritorno a Potenza?
«Qui ci sentiamo a casa. L’affetto non è solo per il 9 del Potenza ma per la persona e per la famiglia e questo mi fa enorme piacere. Potenza è ormai nel mio cuore e ogni volta che sarà possibile ritornare lo farò con la gioia nel cuore».

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