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Alessandro Haber e Ambra Angiolini a Potenza

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POTENZA – «Questa non è una conferenza stampa, ma una chiacchierata», dice Margherita Sarli introducendo l’incontro su “La notte più lunga dell’anno”, nel teatro Stabile ieri mattina a Potenza.

E ha ragione. Ma è stata anche una specie di microrappresentazione teatrale. Con gag a non finire.

Lo spettacolo comincia già fuori dal teatro. I cronisti hanno tutti fatto il loro bravo tampone anti-Covid. Solite scaramucce per contrattare il momento delle interviste. Poi arrivano le due star: Ambra Angiolini e Alessandro Haber. Lei bella senza dover essere appariscente, lui con la tenuta d’ordinanza del maestro (o semplicemente di chi se ne impipa di tutto): barba fuori misura, mise casual, zero mascherina e sigarette a tutto andare.

Telecamere e microfoni si assiepano davanti ai volti. Il sindaco Mario Guarente e l’assessore alla Cultura Stefania D’Ottavio si dicono sicuri dell’ottimo effetto che la pellicola – ambientata e non solo girata nel capoluogo lucano, come da sceneggiatura del lucano Andrea Di Consoli – avrà per la città.
Haber, appoggiato ai marmi dello Stabile, confessa a un cronista: «Potenza non mi è piaciuta. Troppo faticosa, troppo fredda. Il centro è carino ma il resto no».

Da qui parte per una considerazione sull’importanza non dell’architettura ma delle persone. Ricorda di avere buoni amici, quasi non fa in tempo a nominare la musicista e organizzatrice Giovanna D’Amato che – trillo di cellulare – la D’Amato lo chiama e lo invita a cena.

Sul palco la presentatrice fa il giro delle voci. Il sindaco ribadisce le speranze affidate alla pellicola.

Il giovane regista Simone Aleandri rammenta quanto lo abbiano colpito le luci di Potenza spuntate dal nulla dopo ore di viaggio nel buio da Roma.

Sarli cita la definizione che un altro attore del film, Antonio Petrocelli, aveva coniato per Potenza: «Improbabile New York». Il direttore della fotografia, Vincenzo Carpineta, assicura che «è una città difficile da fotografare perché sviluppata in verticale», ma sottolinea di aver fatto continue scoperte.

La nevicata dei giorni scorsi – aggiunge il regista – ha reso necessario cambiare i piani in corsa.

L’attore Mimmo Mignemi rivela qualcosa del suo personaggio, un benzinaio, e così fa il collega Matteo Carlomagno («Il mio è meschino, ossessionato da Ambra») che, pur nato in Piemonte, rimarca le sue origini («Il cognome Carlomagno è diffuso a Moliterno e Lauria»).

Il produttore Sandro Bartolozzi di Clipper Media ribadisce le complessità nel riprendere Potenza («E’ una città conica, difficile da illuminare»).

Luigi Fedele («Interpreto un giovane che vuole qualcosa in più per sé e ha un rapporto di amore e odio con la città») incasserà, più avanti, i complimenti sperticati di Haber come giovane promessa.

Prima gag fra Angiolini e Bartolozzi su domande e risposte “telefonate”. «Io presto solo tette e culo alle riprese», commenta lei. Risata generale.

Haber parte con un’emozione: «E’ da un anno che non vedo un teatro. Mi ricorda molto il Valle di Roma, in miniatura». Applauso.

Poi ribadisce, per chi se lo fosse perso fuori: «Potenza non mi piace, architettonicamente. E’ una città difficile. Vogliamo mettere con città come Urbino o Spoleto? Ma la gente è straordinaria». Ricorda altri amici come Rocco Papaleo e loda – come faranno altri – la sceneggiatura di Di Consoli: «E’ credibile». E Potenza «è la città ideale per raccontare una storia del genere». Per tutto il tempo, accanto al sindaco, fuma e non ha la mascherina.

Scambio di battute dopo che ad Haber è stata chiesto un parere su Ambra. «Ambra… beh, è Ambra». «Di’ la verità», incalza lei. «E’ una gran gnocca», risponde.

Conclusione: «Con una battuta ti sei giocata tutta la nostra amicizia».

Antonio Candela parla del contributo offerto dalla banca Bcc Basilicata al film (Haber canticchia: «Dacci i soldi, dacci i soldi…»).

Il palco si svuota. Ambra resta a concedere qualche selfie. Ma a lei Potenza è piaciuta? «Mi dispiacerà andarmene», risponde. «E’ una città che asseconda il mio carattere – prosegue – E’ profonda, ti obbliga a riflettere. La scala mobile è un simbolo di unione».

Racconta che, in una pausa di lavorazione lunga tre giorni, è rimasta a Potenza: «Il forno ha cominciato a preparare pane adatto alle mie esigenze alimentari. In merceria ho comprato pigiami bellissimi. Ho un podologo. Sono stata al Serpentone per i fatti miei, tutti mi hanno offerto qualcosa. Se nel film si vedrà benessere e non malessere, sarà “colpa” di Potenza. E comunque, ho detto a casa: guardate che, se mi date fastidio, me ne scappo a Potenza».

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