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POTENZA – La Regione Basilicata eviti la devastazione di un patrimonio paesaggistico unico, quello del castello di Monteserico, a Genzano, fermando adesso e per sempre l’iter per l’autorizzazione di impianti fotovoltaici per decine e decine di ettari nei dintorni. Senza attendere l’auspicata definizione del Piano paesaggistico regionale, che rischia di arrivare quando il danno si sarà già realizzato.
E’ quanto sollecitato al Soprintendente all’archeolologia, belle arti e paesaggio della Basilicata, Luigina Tomay, in una nota inviata venerdì alla Regione Basilicata, alla direzione “Tutela del paesaggio” del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, al Comune di Genzano, e alla Commissione regionale per il patrimonio culturale.
Nella comunicazione della Soprintendenza viene ripercorso un complesso lavoro svolto a partire da luglio dell’anno scorso, quando la stessa Soprintendenza aveva trasmesso alla Commissione regionale per il patrimonio culturale una proposta per dichiarare di notevole interesse pubblico «il Castello di Monteserico e il territorio circostante». Per questo «si auspica che il procedimento venga completato celermente al fine di non disperdere il lungo lavoro condiviso, teso a tutelare adeguatamente una delle aree paesaggisticamente più rilevanti dell’intera Regione».
Dalla Sovrintendenza non mancano di evidenziare, però, anche una certa sorpresa per il decorso infruttuoso del termine di 60 giorni dalla determinazione con cui la Commissione regionale per il patrimonio culturale si era espressa a favore dell’apposizione del vincolo paesaggistico. Che poi sarebbe il risultato della dichiarazione di notevole interesse pubblico, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. «A tutt’oggi – si legge nella nota – non risulta che sia stato ancora emanato il provvedimento relativo alla dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree indicati, nonostante che l’articolo 140, comma 1 del D.Lgs 42/2004 stabilisca il limite di sessanta giorni dalla data di scadenza dei termini di cui all’articolo 139, comma 5, corrispondente, nel caso di specie, alla data del 18 aprile 2022».
Se non proprio una diffida, insomma, poco ci manca. Quanto basta, comunque, per ipotizzare che in caso di ulteriore inerzia della Regione possa attivarsi in via “d’emergenza” la clausola di salvaguardia prevista dal Codice dei beni del paesaggio nell’eventualità che Governo e Regione non concordino sull’apposizione di un vincolo. Con la trasmissione delle carte al Ministero perché agisca d’imperio, da Roma, evitando che si consumino disastri irreparabili. La proposta di dichiarazione di interesse pubblico dell’area di Monteserico era stata votata all’unanimità dalla Commissione regionale per il patrimonio culturale a settembre dell’anno scorso.
Nell’occasione si era dato anche mandato al presidente della Commissione stessa di stendere una relazione al riguardo con l’indicazione dei vari strumenti normativi da applicare per la tutela e la valorizzazione dell’area. Quindi, a ottobre dell’anno scorso, la proposta era stata pubblicata, e ad aprile di quest’anno c’era stata una riunione per l’esame di una serie di osservazioni pervenute. Perlopiù critiche e tentativi di neutralizzare, o restringere, i vincoli in costruzione da parte di un ampio fronte di aziende che da anni progettano di installare nel territorio di Genzano centinaia di ettari di pannelli fotovoltaici, ma anche un grosso sistema di accumulo a batteria dell’energia prodotta, e un impianto di produzione di biometano dalla frazione organica dei rifiuti urbani (Potenza solar srl, F4 Ingegneria, Bel team srl, G3 Energi srl, Levante Solar srl, Falck Renewables Sviluppo srl, Aurora Energy srl, Genzano Solar srl, Piano Coperchio Solar srl, Green Storege srl, Condominio Green srl, Banzi Solare sarl, Its Genzano srl, Ren 165 srl, Opdenergy Tavolier3 srl, Sv Solar srl, Bas Italy Diciottesima srl, Bas Italy Quarta srl). Progetti che nel complesso andrebbero stimati nell’ordine di centinaia di milioni di euro di valore.
«L’installazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile è attività qualificata di interesse pubblico». Questo uno dei rilievi ricorrenti più spesso, a cui la Commissione ha replicato spiegando che la finalità del vincolo è di «preservare l’integrità del paesaggio agrario e della porzione di territorio interessata». La Commissione ha anche aggiunto che «la localizzazione degli impianti da Fonti di energia rinnovabile in tale contesto aperto, visivamente ampio e dalla morfologia dolce, introdurrebbe elementi di disturbo all’unitarietà dello stesso». Quindi ha ricordato che «la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di un’area, come da consolidata giurisprudenza, prescinde dal bilanciamento di interessi divergenti che, invece, è compito precipuo della pianificazione».
«L’area oggetto di tutela – ha spiegato ancora la Commissione – è individuata come bene paesaggistico (…) sia per la presenza del Castello di Monteserico che, anche di modeste dimensioni, rappresenta un segno della storia regionale, sia per le caratteristiche di permanenza e di integrità dell’ampio e aperto paesaggio agrario dominato dal castello». Nei prossimi giorni, pertanto, dovrebbe essere via Verrastro a decidere il da farsi, approvando o meno una delibera di giunta per apporre il vincolo in questione, su proposta dell’assessore all’Ambiente Cosimo Latronico (FdI). Lo stesso Latronico che dal suo insediamento, avvenuto a fine marzo, si è già mostrato in più occasioni particolarmente attento alle aspettative delle imprese operanti nel settore delle rinnovabili. Non per niente soltanto mercoledì ha ribadito la richiesta al ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, di personale di sostegno per la definizione in tempi rapidi delle centinaia di richieste di autorizzazione per nuove centrali, che sono pendenti negli uffici regionali.
La comunicazione del Soprintendente Tomay sul Castello di Monteserico è arrivata a meno di una settimana di distanza da un’altra nota indirizzata alla Regione e al Comune di Melfi su un primo dossier ad alta tensione: quello della cava a Monte Crugname, nella periferia della cittadina federiciana, autorizzata agli inizi di maggio dalla giunta regionale. Nell’occasione Tomay aveva evidenziato che: «è possibile ricostruire un contesto di giacenza che, pur non riguardando direttamente l’area della cava, risulta di notevole valenza culturale e paesaggistica, meritorio di tutela». Al punto che: «nell’ambito delle attività di elaborazione del Piano paesaggistico regionale ed in attuazione degli impegni programmatici assunti tra Ministero e Regione con la sottoscrizione dell’Intesa inter-istituzionale di copianificazione, sarà oggetto di una proposta di individuazione di una “zona di interesse archeologico” da sottoporre a vincolo paesaggistico».
La risposta di via Verrastro era arrivata a stretto giro col “no” dell’assessore Latronico alla revoca dell’autorizzazione appena concessa, che peraltro avrebbe esposto la Regione anche al rischio di dover pagare un risarcimento alla ditta interessata, la Cementeria Costantinopoli di Barile. Latronico aveva poi evidenziato la possibilità per la Soprintendenza, nel caso lo ritenesse opportuno, di avviare di sua iniziativa l’iter ministeriale per l’apposizione del vincolo paesaggistico dell’area in questione.
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