Giuseppe Moles, senatore e sottosegretario di Stato all’Editoria
12 minuti per la letturaPOTENZA – Se il governatore Vito Bardi non vuole essere considerato un «generale», che non è riuscito a diventare «presidente», deve aprirsi a una condivisione sistematica con i partiti, che non sia soltanto un salvagente quando tocca porre rimedio «a confusione e problemi».
E il principale banco di prova dell’auspicata svolta in questa direzione, sarà la gestione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che non potrà essere ancora affidata a una squadra di tecnici piazzati ai vertici della Regione, «che senza essere eletti e senza averne titolo» pensano di esautorare il governo regionale, «e i partiti che ne fanno parte».
Si muove a suo agio tra dossier nazionali e le vicende della sua Basilicata Giuseppe Moles, senatore, sottosegretario di Stato all’Editoria, e coordinatore regionale di Forza Italia. E non nasconde la delicatezza del momento per la coalizione uscita vincitrice dalle elezioni regionali del 2019. Con un sostegno sempre più instabile all’amministrazione regionale guidata da Bardi e richieste insistenti di un terzo rimpasto di giunta in meno di 4 mesi.
Sottosegretario, ogni giorno che passa aumentano le tensioni centripete sul governo di cui lei fa parte. Un giorno dalla Lega, un giorno dal Movimento 5 stelle. Siamo già entrati nella campagna elettorale per le politiche del 2023?
«Trovo del tutto normali queste tensioni soprattutto perché ci stiamo avvicinando alla scadenza per le elezioni politiche. Quindi ogni partito che fa parte della coalizione di governo cerca di affermare posizioni che fanno parte del suo programma politico. Non mi meraviglio più di tanto. Certo alcune di queste posizioni sono strumentali ed esagerate. Si veda ad esempio quella di Conte e del Movimento 5 stelle, che in realtà ha posto in essere una pseudo-crisi basata sul nulla, e che Draghi ha sminato con poche parole. Ricordiamoci che questo è un governo stranissimo, di unità nazionale per l’emergenza, che si è trovato a dover porre rimedio a tutta una serie di difficoltà anche risalenti ai governi precedenti. DI conseguenza è ovvio che in qualche modo si debba trovare una mediazione, ma sui principi generali credo che sia da irresponsabili, soprattutto in questo momento, minare l’unità di questo governo».
Il ministro della Funzione pubblica, che è anche un esponente di Forza Italia come lei, Renato Brunetta, ha parlato al Corriere della Sera di fine del bipolarismo e di un’agenda Draghi da confermare per i prossimi 5 anni “senza affannarsi a pensare” a soluzioni alternative. Incluso, testuali parole, “il centrodestra unito”. Siamo alla fine della storica coalizione nata nel 1994?
«Io non credo proprio, nel senso che la coalizione voluta da Silvio Berlusconi è un fatto. Il problema è rinforzarla, e compito di ogni forza politica che fa parte di questa coalizione è di non pensare al suo interesse particolare ma lavorare all’unità. Purtroppo negli ultimi tempi questo non è avvenuto, e questo è un problema a cui va posto rimedio. Noi governiamo insieme in tante parti d’Italia, ed è proprio dove il centrodestra si è diviso che si è consentito agli avversari politici di arrivare a qualche risultato. Io credo che l’obiettivo sia quello di arrivare uniti alle elezioni politiche, e devo dire che come Forza Italia abbiamo sempre fatto un passo di lato, anche troppo, per mantenere l’unità della coalizione. Lo stesso dovrebbe accadere da parte degli altri».
Non pensa che questo strano schema politico che sostiene il governo, a Roma, possa togliere slancio all’azione di tante amministrazioni sostenute da una maggioranza divisa tra draghiani e anti-draghiani?
«Non so. So che rivendico e rivendichiamo di aver messo da parte interessi propri e di partito pur di partecipare alla gestione di un’emergenza nazionale. Del resto il raggiungimento dei 45 obiettivi del Pnrr nei giorni scorsi dimostra che la scelta di far parte di un governo così strano ha già prodotto uno degli obiettivi che ci si era proposti. Può essere più comodo dal punto di vista elettorale essere opposizione, molto più difficile è rinunciare alla possibilità di esserlo sempre per il bene del paese».
Quindi in Basilicata queste tensioni all’interno della maggioranza che sostiene l’amministrazione regionale, secondo lei, a cosa sono dovute? Anche all’interno degli stessi partiti di maggioranza e di Forza Italia, dove nei giorni scorsi abbiamo registrato uno scontro tra il capogruppo Francesco Piro, da un parte, e dall’altra l’assessore Franco Cupparo e l’altro consigliere regionale, Dino Bellettieri.
«Il centrodestra non può essere solo una somma aritmetica. Dovrebbe essere anche una strategia comune nella diversità delle singole forze politiche. Il problema in Basilicata nasce da lontano. Parto da un presupposto: come Forza Italia abbiamo con generosità e rispetto, pur di mantenere il governo Bardi e la coalizione, fatto tanti passi di lato e indietro. Abbiamo pagato cambiali per la governabilità. Abbiamo perso assessori, consiglieri, in nome della governabilità di Bardi. Ma a questo punto per pretendere rispetto bisogna anche avere rispetto degli altri. Le tensioni sono dovute a mio parere del fatto che fin dall’inizio, anche a causa del sistema elettorale della Basilicata, ognuno è stato legittimato a esprimere le proprie posizioni persino in disaccordo con le forze politiche con cui è stato eletto. Mi spiego meglio: abbiamo avuto una fase in cui eletti in alcune forze politiche sono diventati poi consiglieri ed esponenti di altre forze politiche. Questo ha determinato evidentemente una continua tensione, recriminazioni e richieste di nuove postazioni. Così ha legittimato chiunque a dire e a fare quello che ritiene più giusto per i propri territori o per le proprie aspirazioni personali. Io questo non lo discuto né lo critico, ma nel momento in cui si fa spesso e volentieri riferimento al fatto che i partiti sono delegittimati, beh, va detto da dove viene questa delegittimazione. Cioé da una mancanza di coordinamento, di confronto continuo da parte di tutti: presidente, giunta, partiti ed eletti».
Quindi che giudizio dà, dopo 3 anni, della prima amministrazione di centrodestra nella storia della Regione Basilicata?
«Io credo che questa che abbiamo davanti sia ormai l’ultima occasione perché il cambiamento tanto richiesto dai lucani, e che noi come partiti del centrodestra abbiamo sostenuto sia durante la campagna elettorale sia dopo, ha necessità di fatti concreti. E questo passa attraverso la condivisione di linee, decisioni, scelte, che non possono essere prese senza la collaborazione di tutti. Come partito ho chiesto più volte, e lo stesso hanno fatto in altre occasioni i coordinatori e segretari degli altri partiti della coalizione, una maggiore condivisione anche col presidente, le cui decisioni sono sicuramente giuste e sacrosante, ma se fossero prese con un maggiore confronto potrebbero supportare quello che il governo regionale dovrà fare nell’ultima fase della legislatura. Non è possibile che collaborazione abbia senso solo quando deve porre rimedio a confusione e a problemi».
L’ultima occasione con questa giunta, il Bardi ter, o una nuova giunta da varare, come sollecitato da più parti all’interno della maggioranza?
«A questo non so rispondere, perché se ci fosse stata una maggiore condivisione e rispetto fra tutti, partiti compresi, e non una delegittimazione dei partiti, forse non saremmo arrivati a questo punto; non basta il confronto solo con i consiglieri o gli assessori».
Ma Bardi è ancora a pieno titolo un governatore espressione di Forza Italia, che è il partito che lo ha indicato come candidato nel 2019, o è cambiato qualcosa?
«Questo dovreste chiederlo al presidente Bardi, col quale ho un rapporto di cortesia e amicizia, per cui mi ha trovato pronto, ogni volta, a cercare di dare una mano. Ricordo che questa giunta è stata fatta soprattutto attraverso lo sforzo e la collaborazione di Forza Italia. Rispetto il suo voler continuare a essere un tecnico prestato alla politica. Nello stesso tempo ritengo che su tutta una serie di questioni lo slancio possa venire dalla condivisione con i partiti, che non sono rappresentati solo dagli eletti che ne fanno parte. Anche per evitare di dare l’impressione di giocare una partita in proprio. Conoscendo il presidente Bardi credo che gli dia fastidio il fatto di essere accusato di fare il generale piuttosto che il presidente. Però questo tipo di immagine, e una non continua condivisione, fanno aumentare disagio, malessere e malcontento all’interno della coalizione».
Senatore, nelle sue parole mi sembra di risentire qualcosa dell’ormai famosa invettiva pronunciata a marzo dall’ormai ex forzista Rocco Leone in Consiglio regionale…
«Non ho commentato, non commento e non commenterò le posizioni dell’amico Rocco Leone, che ha fatto le sue scelte e ora fa parte di un altro partito. Come partito noi abbiamo l’esigenza soprattutto in questo momento di una riflessione sul ruolo che ricopriamo. Proprio per rilanciare la collaborazione. Questo comporta che, evidentemente, vogliamo continuare a essere parte del cambiamento o dell’attività che il governo regionale vorrà mettere in campo, ma guardando con molta attenzione se si rischia di danneggiare il partito o la linea assunta a livello nazionale».
A proposito di Leone, che giudizio dà del risultato alle elezioni comunali di Policoro di Forza Italia, che ha sostenuto Nicola Lopatriello assieme a Italia viva e pezzi di Partito democratico e Lega in libera uscita, contro il sindaco eletto Enrico Bianco, sostenuto da Fratelli d’Italia, Leone, e altri pezzi della Lega e del centrosinistra?
«Sono molto contento del risultato di Forza Italia, in generale, in Basilicata. Abbiamo vinto con alcuni nostri sindaci ed eletto consiglieri un po’ dappertutto. Per quanto riguarda Policoro la scelta è stata molto semplice e la rivendichiamo come partito con orgoglio. Non ci siamo nascosti all’interno di civiche a dispetto delle cretinate dette da qualcuno. Abbiamo autorizzato la lista Forza Policoro, come lista di Forza Italia, all’interno di una coalizione anch’essa di centrodestra. Altri hanno rivendicato la scelta di candidare propri rappresentanti nelle liste che hanno appoggiato il sindaco eletto. E’ una scelta che non commento perché ognuno è libero di fare come crede. D’altra parte sono orgoglioso dell’enorme numero di consensi che ha preso la lista di Forza Italia. A chi sostiene che la scelta di Forza Italia sia stata inspiegabile, rispondo che talvolta logiche locali possono mettere in discussione accordi regionali, ma io non l’ho fatto. Del resto ho visto che Fratelli d’Italia ha rivendicato la vittoria del sindaco Bianco. Lo fa legittimamente, ma allora la connotazione civica di quella coalizione non era la realtà. Per quanto riguarda l’atteggiamento di altri amici della coalizione mi fa sorridere che si chiedano le dimissioni di Leone da consigliere regionale, cosa che nessuno di noi di Forza Italia ha chiesto, e dall’altro lato si candidino esponenti del proprio partito con lui nella medesima lista. Ma ognuno, ripeto, è libero di fare come crede. Ho visto però che il Presidente Bardi ha ricevuto il neo sindaco di Policoro in regione, sono certo che riceverà a breve anche i neo Sindaci di Forza Italia».
Come si dovrebbe concretizzare questa svolta che lei auspica nell’amministrazione regionale?
«Nell’ultima fase della legislatura ritengo che sia necessario passare dalle parole ai fatti, ma con molta attenzione, vista anche l’enorme quantità di denaro pubblico che arriverà anche nella nostra regione grazie al Pnrr. E questo è necessario soprattutto adesso e soprattutto per chi come noi in buona fede e con tanto sforzo ha creduto e crede ancora ad un possibile cambiamento. Non è ammissibile che si soccomba ad un continuo ma lento posizionamento di personaggi che senza essere eletti e senza averne titolo pensano di poter gestire le ingenti risorse del Pnrr esautorando il governo regionale e i partiti che ne fanno parte. I temi sono tantissimi. E’ giunta l’ora di darsi una mossa, perché la pazienza dei lucani non è eterna. Ribadisco che Forza Italia è pronta, dopo i sacrifici fatti pur di dare continuità al governo regionale, chiedendo in cambio massima condivisione e rispetto da parte di tutti, nessuno escluso».
E che tempi ipotizza per questa svolta?
«Ho saputo che il presidente Bardi ha convocato una riunione di maggioranza per la settimana prossima. Mi sembra che sia una utile iniziativa e attenderò che gli esponenti di Forza Italia che vi parteciperanno mi riferiscano compiutamente. Mi auguro che successivamente riparta il percorso di confronto con i singoli esponenti che hanno la responsabilità regionale del proprio partito. Non c’è bisogno di riunioni di coordinatori perché spesso basta una telefonata di condivisione. Per tutti gli altri temi che andranno affrontati sono certo che il presidente Bardi non farà mancare la continuità di confronto con i partiti, e non solo con gli eletti, giorno per giorno. Perché abbiamo, purtroppo, già assistito a discrepanze su piccole questioni che però poi finiscono per creare tensioni. Di conseguenza la condivisione e il confronto continuo, come normalmente deve accadere, sono l’unico strumento per tornare a fare gioco di squadra. Se lo si vuole. Noi come partito avvieremo tutta una serie di iniziative sui territori, in modo tale da recepire sempre più i problemi e le esigenze di ogni territorio, nessuno escluso, e trasferirle al governo regionale».
Da sottosegretario all’Editoria, come valuta la situazione dell’informazione in Italia e sui territori?
«Quest’anno ho supportato l’intero sistema quanto più ho potuto. La quantificazione è sugli 830 milioni euro tra strumenti come il credito di imposta e altre risorse. Non da ultimo il fondo straordinario per l’editoria, che ho inserito nella legge di bilancio approvata a dicembre dell’anno scorso, che stanzia 90 milioni per il primo anno e 140 per il secondo. Quello di sono più orgoglioso, però, è l’approvazione da parte dell’Agcom del regolamento sul copyright che è il recepimento della direttiva europea, quella che i maligni chiamano la direttiva Moles, che introduce per la prima volta nel nostro ordinamento di diritto di autori ed editori di essere pagati, come è giusto che sia, per tutto ciò che viene veicolato attraverso i giganti del web. Questo rappresenterà a mio avviso un’ulteriore boccata d’ossigeno per tutta l’informazione e la stampa. Soprattutto la stampa locale».
A proposito di informazione e guerra in Ucraina, che ne pensa della polemica di queste settimane su liste di giornalisti e opinionisti filoputiniani?
«Anche io sono stato audito dal Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ndr) sulla disinformazione e le fake news in generale, evidentemente, che è quello di cui mi occupo. La censura non è nel mio Dna, ma continuo a considerare fondamentale la responsabilità e professionalità di chi si occupa di questi temi. Solo gli addetti ai lavori possono aiutare il cittadino a distinguere tra fatti e opinioni, tra fatti reali e bufale. Aggiungo che a mio parere l’onestà è molto più importante di presunte verità. L’onestà intellettuale e professionale di ogni addetto ai lavori è l’unico modo per far sì che il cittadino si fidi e possa avere la certificazione di una qualsiasi notizia. Le verità della propaganda russa non sono verità. La verità testimoniata dalla responsabilità e dalla professionalità dei professionisti del settore sono il bollino che consente ai cittadini di fidarsi e tornare a leggere i giornali. Tra l’altro non è possibile una par conditio tra cretinate, falsità e fatti veri. E’ anche per questo che come sottosegretario all’Editoria, con il mio dipartimento, siamo stati indicati nelle linee guida firmate di recente da Draghi sulla cyber sicurezza come soggetti attivi per le prossime campagne di comunicazione istituzionale contro la disinformazione e per l’uso corretto e consapevole degli strumenti digitali».
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