Un acquedotto
2 minuti per la letturaPOTENZA – Il Comune di Ginestra dovrà pagare poco meno di 150mila euro al Comune di Ripacandida. Come risarcimento, con gli interessi, della sua quota delle spese di gestione del vecchio acquedotto, tra il 1980 e il 1989.
E’ quanto deciso dal Tar Basilicata accogliendo il ricorso presentato dall’amministrazione dello storico centro del Vulture contro la sua ex frazione, colonizzata nel XV secolo dai greco-albanesi, e diventata comune autonomo nel 1965.
Il collegio presieduto da Fabio Donadono (consiglieri Pasquale Mastrantuono e Benedetto Nappi) è intervenuto su una contesa che si trascina dal 1991, quando Ripacandida inviò una prima diffida a Ginestra per ottenere il rimborso di un terzo delle spese di funzionamento dell’acquedotto a servizio delle due comunità. Spese «derivanti dal canone dell’acqua, dal consumo dell’energia elettrica dell’impianto di sollevamento e dalla manutenzione del predetto acquedotto».
La vicenda era finita in prima istanza, nel 1993, davanti al Tribunale di Melfi, dove era stata ricostruita la storia dell’acquedotto realizzato a partire dagli anni ‘20 del secolo scorso per convogliare le acque della sorgente Scea, alle pendici del Vulture.
Negli anni ‘70, «poiché la portata di tale primo impianto idrico era diventata insufficiente per le esigenze delle due comunità», venne iniziata la costruzione di un nuovo acquedotto che captava le acque della sorgente La Francesca. Le stesse acque, per capirsi, che vengono imbottigliate da aziende come Cutolo e Coca Cola. Quindi, nel 1980, il nuovo impianto entrò in funzione «distribuendo l’acqua per 2/3 al Comune di Ripacandida e per 1/3 al Comune di Ginestra». Infine, nel 1989, l’amministrazione di Ginestra decise di svincolarsi, trovando un accordo per una fornitura alternativa da Acquedotto pugliese spa.
Il Tribunale di Melfi, accorpato dal 2013 in quello di Potenza, non si sarebbe espresso sul caso prima del 2017, dopo aver ricostruito l’accordo tra i due comuni attraverso le testimonianze dei rispettivi economi, all’epoca in servizio.
Il documento originale, infatti, era andato smarrito assieme a tante altre cose durante i lavori di riparazione dei danni all’archivio dell’amministrazione di Ripacandida provocati dal terremoto del 1980.
Così, 24 anni dopo, è arrivata la condanna del Comune di Ginestra al pagamento «della somma di euro 69.720,61 oltre interessi legali». A marzo del 2020, però, la Corte d’appello di Potenza si è dichiarata incompetente a decidere sul ricorso contro quella pronuncia, indicando nel Tribunale amministrativo la sede più giusta per dirimere la questione. Quindi il processo è ripartito ed è tornato in aula il 24 febbraio.
Il Tar ha respinto le eccezioni del comune arbereshe che sosteneva di non aver mai ricevuto l’acqua della sorgente La Francesca.
L’amministrazione di Ginestra è stata condannata a pagare anche gli interessi legati maturati su quei 69mila euro dal 1991, pari a poco meno di 80mila euro, e 3mila euro di spese legali.
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