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POTENZA – E’ la politica-Lego. Fatta con gli stessi mattoncini di plastica del popolare gioco: ce ne sono di piccoli, medi e grandi; gialli, rossi o blu; quadrati, rettangolari o tondi. Ma con una caratteristica comune: l’intercambiabilità. Proprio come partiti e uomini della politica italiana e di quella lucana. Le dichiarazioni di Mario Polese, esponente di punta di Italia Viva in Basilicata, ne sono la perfetta rappresentazione.

Nelle costruzioni per bambini non ci sono mattoncini buoni e cattivi. Per costruire qualunque cosa si apre la scatola e si pescano pezzi in base alla funzione. In questo momento mi serve un mattoncino lungo e ne prendo uno a caso. Non c’è il mattoncino preferito fra quelli lunghi: vanno tutti bene. Il giudizio sui singoli mattoncini, e dunque il loro ruolo nel gioco, è definito dallo scopo e non da invisibili – e in questo caso inutili – qualità intrinseche.

E perciò Polese trasforma il suo agire politico in un mattoncino di plastica quando, a proposito del risultato delle amministrative a Melfi, dichiara in un video diffuso su YouTube e sui social: «Italia Viva fa la differenza. Vince, convince e dà il “la” a un nuovo progetto politico tutto incentrato sul riformismo liberale».

Melfi è un comune in cui ha vinto ufficialmente il centrodestra. Polese è stato, fino al giugno del 2019, segretario regionale del Pd, il maggiore partito del centrosinistra.

Ora, lo stridore di questi due fatti – l’esultanza per aver appoggiato (addirittura aver «dato il “la” a») una vittoria del centrodestra e l’aver incarnato fino a due anni fa – due, non venti – l’esatto opposto possono generare reazioni di vario tipo.

Quella più immediata sarebbe commentare la vicenda dal punto di vista dell’etica, oppure parlare di coerenza, o ancora di quel modo di fare politica in cui le bandiere seguono il vento, o anche discutere sulla vera natura del partito di cui fa parte attualmente Polese. E via discorrendo.

Ma se si tralascia l’epidermide della questione e si va appena più sotto, per cercare di scorgere la struttura del fatto visto in relazione all’idea stessa di politica, se ne avverte subito la significatività più che l’incoerenza.

Le categorie destra e sinistra (nelle loro articolazioni più o meno estreme oppure variamente mescolate con la categoria “centro”) tendono attualmente a perdere di significato. E non è solo materia linguistica – i termini dei comizi e degli interventi pubblici che si appiattiscono in un “politichese” sempre più omogeneo – o di programmi elettorali (o addirittura di valori portanti dei singoli partiti) che tendono ad omologarsi su piattaforme comuni legate alla ricerca del consenso.

E’ l’intercambiabilità il concetto. Il politico Polese – qui non parliamo dell’uomo – che ieri esultava per le performance elettorali del centrosinistra (3 novembre 2018, vittoria del centrosinistra alle elezioni provinciali di Potenza e Matera: «Il centrosinistra dimostra, ancora una volta, che in Basilicata non solo è vivo ma ha la capacità di battere chi confonde la politica con le parole e i proclami che alla prova dei fatti poi si dimostrano sempre perdenti», per poi aggiungere: «Il centrosinistra sa vincere ancora, mentre il centrodestra si è sciolto come neve al sole alla prima sfida») e oggi fa lo stesso per una vittoria del centrodestra a cui si vanta di aver dato il contributo fondamentale.

Il politico Polese che ieri lanciava un appello all’unità del centrosinistra (16 aprile 2019, in vista delle elezioni al Comune di Potenza, l’allora segretario del Pd ricorda che i democratici a Potenza restano la prima forza della coalizione e chiede al circolo cittadino di «condividere un candidato espressione anche di altre forze del centrosinistra e a quella di Articolo Uno, affinché sia coerente») mentre oggi apprezza una coalizione che ha fatto eleggere un candidato sindaco attestato al centrodestra.

Il politico Polese che ieri ironizzava sulla politica “romanocentrica”, filoberlusconiana e forse filoleghista del presidente della Regione Vito Bardi (17 aprile 2019: «Proprio non credo che meritiamo una Regione che abbia la sua sede ad Arcore o peggio a Pontida più che in via Verrastro») e invece oggi «dà il la» a una piccola coalizione a trazione forzista (per aggiungere che su Facebook Polese ricorda che «Paterno e Balvano erano sfide difficilissime, entrambe vinte, grazie al contributo determinante» dei suoi candidati. E Paterno è paese per la cui vittoria, in quanto vittoria dei «sindaci della Lega», hanno esultato con una nota congiunta il commissario del Carroccio lucano Roberto Manti e il senatore Pasquale Pepe).

Ma attenzione: Polese è lo stesso che esulta anche per la vittoria di Gianni Pittella a Lauria e di altri sindaci del centrosinistra. Il collante è ovviamente l’apporto del suo partito.

E’ politica o è marketing? Il confine rischia di sparire se la tendenza prende piede. Perché alla fine della fiera così s’incarna un partito – o una singola figura politica, o a questo punto una “ditta politica” – dalla natura neutra e dall’attitudine camaleontica: a seconda dell’ambiente in cui si muove muta livrea.

Per farla ancora più breve: io porto voti e mi adatto alla bisogna, anche incarnando diverse parti nella stessa commedia. Ossia, nella stessa tornata elettorale. Porto voti a destra, a sinistra, al centrodestra e al centrosinistra. E non ne arrossisco. Non voglio e non devo arrossirne.

Bastano due frasi, nemmeno così originali, per giustificare l’impegno contemporaneo in campi avversi. Il mattoncino Lego ha completato la costruzione e ha impedito che questa si sfaldasse. Quanto meno, fino a quando il giocattolo piacerà ai giocatori.

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