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POTENZA – Quante volte è stato detto e scritto: non si può uscire di casa per andare a lavorare e non tornare più dai propri cari, a riabbracciare mogli, mariti, figli, genitori. Quante volte. Invece è accaduto ancora. Carmine Picerni è rimasto schiacciato da una bobina di acciaio. In una città che si prepara per una festa sportiva attesa da anni, quell’immagine dei suoi compagni di lavoro fermi con gli occhi gonfi di lacrime al pronto soccorso del San Carlo, ha preso il sopravvento su tutto: nelle famiglie, negli uffici, nelle botteghe artigiane, nei bar. C’è sgomento, dolore, rabbia, ma anche un senso di impotenza e di frustrazione: un errore, una leggerezza e quello che ti dà sostegno per vivere diventa una sentenza di morte inappellabile. Non è giusto. In questi anni si è parlato di tutto, vicino al sostantivo lavoro ci hanno abbinato aggettivi di qualsiasi tipo. Lavoro nero, lavoro minorile, lavoro a cottimo, lavoro a tempo determinato, lavoro femminile, lavoro precario. Ognuno ci ha messo il suo, tranne l’aggettivo più urgente, necessario, insostituibile: lavoro sicuro. Niente.
Fra pochi giorni è il Primo Maggio. Negli ultimi anni anche i Governi di centrosinistra hanno avuto quasi pudore a rimarcare questa ricorrenza. E’ l’unico giorno dell’anno dedicato ai lavoratori. Non è una festa, perché con tutti quelli caduti nelle fabbriche o nei cantieri, è solo un momento di raccoglimento. Forse mai come quest’anno con la catena di vittime in Italia e in Basilicata, bisogna lasciar perdere la retorica e le passerelle. Il mondo del lavoro, le fabbriche, i cantieri devono tornare in primo piano. Ogni giorno migliaia di pendolari lucani rischiano la vita anche fuori dagli stabilimenti, su treni e pullman pericolosi e inaffidabili. Chi produce beni e servizi, chi contribuisce al benessere della collettività non può essere più all’ultimo posto nei pensieri della politica. Basta. La classe operaia c’è ancora, rischia la vita ogni giorno e va rispettata e protetta. Milioni di lavoratori non sono un retaggio dell’Ottocento, un’immagine letteraria romantica e fuori dal tempo: sono forze e carne vive. Non numeri nelle statistiche dei soloni della nuova economia.
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