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Francesco Somma

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POTENZA – La Basilicata va incontro a un risveglio «molto duro» non appena cadrà il blocco dei licenziamenti imposto dal governo per mitigare gli effetti della pandemia. Il presidente della Confindustria lucana, Francesco Somma, ne è sicuro.

Per questo insiste sulla necessità recuperare subito una «visione strategica» del suo futuro e di uno sviluppo possibile. Senza confondere questa missione della classe dirigente regionale con la semplice «gestione dell’emergenza», o il rituale dell’ennesimo tavolo nei palazzi di via Verrastro.

Presidente, una recente rilevazione del bollettino Excelsior di Anpal e Camera di Commercio ha evidenziato tra gli effetti della crisi sanitaria in corso che a ottobre solo 12 imprese lucane su 100 pensano di assumere, mentre di questi tempi, l’anno scorso, erano più di trenta. Il calo andrebbe a discapito maggiormente dei servizi (-20%) che dell’industria (-14%). Le sembrano dati coerenti con quelli di cui avete contezza in Confindustria?

«Si tratta di dati largamente attesi, in linea con la gravità della situazione di cui da tempo abbiamo sentore. Dall’inizio della pandemia è stato chiaro che la Basilicata sarebbe stata tra le regioni maggiormente colpite dalla crisi. Da subito abbiamo lanciato l’allarme per settori strategici per la nostra economia, quali automotive, turismo e industria estrattiva. Le recenti stime Svimez hanno confermato: la contrazione del Pil prevista per il 2020 è pari al 12,6%. I dati Excelsior sono solo una prima anticipazione della vera emergenza sociale che potrebbe profilarsi. Dopo la fase acuta dell’epidemia, le imprese hanno ricominciato a lavorare. Ci sono però settori che continuano a soffrire molto, non solo quello turistico alberghiero, e in generale quello dei servizi, ma anche il comparto energetico. La recrudescenza del virus e le nuove restrizioni determineranno presto un nuovo calo della produzione industriale nell’ultima parte dell’anno. A questo si unisce il forte clima di incertezza e sfiducia che torna a galoppare nelle famiglie e nelle imprese. La mancanza di idee chiare sul come gestire questa seconda ondata complica le cose».

Non è ancora chiaro quando, ma anche se dovesse esserci ancora una proroga della cassa integrazione in primavera al massimo dovrebbe venir meno il blocco dei licenziamenti. Cosa c’è da aspettarsi? Pensa che saranno molte le attività che chiuderanno anche in Basilicata?

«Guardi, il blocco dei licenziamenti non può rappresentare la soluzione definitiva per la difesa del lavoro ed è facile comprenderne il perché: di fatto equivale ad aver congelato la situazione a un contesto produttivo pre-covid, di cui ora è rimasto ben poco. Il risveglio sarà molto duro. Il provvedimento, seppure utile nella fase dell’emergenza, ha però l’effetto di falsare completamente la realtà produttiva. L’unico vero rimedio è mettere concretamente in atto, a livello regionale e nazionale, una serie di iniziative che possano favorire la ripresa economica e lo sviluppo d’impresa».

Tra i settori più colpiti dalla crisi sanitaria viene indicato quello dell’auto, che a Melfi ha lo stabilimento più importante del gruppo Fca in Italia, che è poi la principale fabbrica lucana. Come evitare che vadano persi gli investimenti effettuati negli ultimi anni, anche da parte pubblica con un importante soccorso in termini di ammortizzatori sociali?

«Gli ammortizzatori sociali sono fondamentali per gestire questa complicata fase. Per l’automotive si stima a livello europeo una contrazione delle vendite pari al 25% per cento. Gli effetti della pandemia sono ancora più gravi in considerazione dei notevoli investimenti che le case automobilistiche stanno sostenendo in trasformazioni tecnologiche necessarie al raggiungimento dei target di sostenibilità. Gli incentivi messi in campo dal governo sono stati utilissimi per il rilancio della domanda in questi mesi. Ma la ripresa del settore va spinta soprattutto attraverso il sostegno pubblico alla domanda di mezzi ad alimentazione alternativa. Una sfida cruciale per lo stabilimento di Melfi, da cui Fca ha fatto partire la svolta green del gruppo con una produzione di auto ibrida che al momento rappresenta circa il 40 per cento di quella complessiva. E’ sulla traiettoria della transizione industriale green, pilastro portante del Rrecovery plan, che bisogna sostenere il comparto».

Lei che progetti proporrebbe alla Regione Basilicata e al governo per quegli investimenti strategici che grazie alle risorse europee del Recovery fund dovrebbero portarci fuori dalla crisi?

«Io credo che il primo step necessario sia di approccio: è il momento di essere ambiziosi e coltivare il seme della fiducia. Ora o mai più: le ingenti risorse europee che avremo a disposizione nei prossimi anni non dovranno solo servire ad affrontare la crisi, ma soprattutto a definire e realizzare una traiettoria di sviluppo stabile e duraturo, sostenibile dal punto di vista ambientale ma anche economico e sociale. Ci sono delle oggettive caratteristiche del nostro modello che rappresentano un buon presupposto di partenza: specializzazioni produttive di per sé molto diversificate, convivenza di imprese di piccole e medie dimensioni con grandi big players, ricchezza di risorse naturali, basso tasso di conflittualità sociale e collaborazione interistituzionale, qualità ambientale. A partire da questi punti di forza, la regione deve candidarsi a progetti che ci consentano di rispondere ai bisogni di persone, territorio, imprese e lavoratori, contrastando fenomeni quali spopolamento, deindustrializzazione, scarsa autoimprenditorialità. Al contempo, però, occorre realismo: non ci sono molte speranze da nutrire in assenza di soluzioni adeguate al principale fattore di marginalità economica e sociale della regione, dato dal profondo gap infrastrutturale. Per questo, come Confindustria stiamo lavorando a portare all’attenzione del governo proposte per progetti volti al miglioramento della dotazione infrastrutturale. Allo stesso passo dovranno viaggiare gli investimenti per il completamento delle reti funzionali alla digitalizzazione. Un processo che deve investire non solo le imprese, ma in generale tutto il sistema, a partire dalla pubblica amministrazione. Bisogna complessivamente intervenire con investimenti sul fronte dell’innovazione, lungo le traiettorie già disegnate dalla declinazione sul territorio della strategica di specializzazione intelligente. La Basilicata può e deve giocare un ruolo da leone sul campo della transizione energetica. Siamo già un modello in termini di diversificazione delle fonti di produzione. Al contempo, sono stati avviati significativi progetti per finalizzare parte dei proventi rivenienti dalle attività estrattive in investimenti produttivi non oil. Stiamo registrando un positivo interesse da parte delle imprese. E’ indispensabile agire in maniera incisiva nel campo della formazione. Importantissimo è il rafforzamento degli Istituti tecnici superiori, soprattutto nell’ambito delle discipline scientifico-tecnologiche, migliorando così il collegamento tra domanda e offerta di lavoro. Anche in Basilicata, nonostante l’elevato tasso di disoccupazione, molte delle nostre aziende fanno fatica a trovare i profili professionali ricercati. Mi lasci dire che il problema, però, non è solo cosa facciamo ma soprattutto come lo facciamo. Se il nostro Paese fino a ora ha speso meno di un terzo dei fondi comunitari disponibili è chiaro che abbiamo anche grandi problemi a rendere esecutivi tali progetti».


Mercoledì, dopo tante sollecitazioni, si è riunito per la prima volta per opera dell’assessorato alle Attività produttive il gruppo di lavoro che dovrebbe stilare il piano di sviluppo su cui si misureranno i risultati di questa amministrazione regionale. Che giudizio dà dell’inizio dei lavori?

«Come sottolineava bene lei, la convocazione è arrivata dopo numerose sollecitazioni al governo regionale ad avviare un confronto, quanto più aperto possibile a tutti gli attori dello sviluppo. Finalmente ci siamo. L’avvio del tavolo è un’ottima notizia. Una cosa però deve essere chiara: non bisogna confondere il fine con il mezzo. Il nostro obiettivo ultimo non è partecipare ai tavoli ma passare concretamente alle scelte strategiche: decidere cosa facciamo e come lo facciamo. Bisogna agire in fretta. Senza, però, commettere l’errore di accavallare la gestione dell’emergenza alla visione strategica. Bisogna passare dalle misure tampone agli interventi strutturali per spingere sull’acceleratore della crescita».

Nei giorni scorsi l’amministrazione regionale è stata oggetto di molte critiche per la gestione della crisi sanitaria. Lei che valutazione ne dà?

«Io credo che, fino ora, la gestione dell’emergenza sanitaria in Basilicata – anche grazie alle caratteristiche specifiche del territorio e del conseguente modello relazionale, ma non solo – abbia consentito di contenere la portata del virus, soprattutto nel confronto con le altre regioni. L’incremento dei casi di positività registrato negli ultimi giorni, seppure in maniera contenuta rispetto al resto del Paese, impone ora un’efficace e rapida risposta di potenziamento delle strutture sanitarie regionali».

Nel complesso che voto darebbe al primo anno e mezzo del nuovo corso politico di via Verrastro inaugurato con l’insediamento del governatore Vito Bardi, e perché?

«Chiaramente il nostro compito non è dare voti all’esecutivo ma esprimerci sui singoli provvedimenti, sia in chiave propositiva che valutativa. Gioverebbe a poco, in questo momento, misurare i risultati rispetto alle proposte programmatiche che avevamo presentato al presidente Bardi al suo insediamento. Lo tsunami Coronavirus, del tutto inatteso, ha stravolto il contesto e anche le priorità. Riteniamo che la Regione abbia fatto bene nella gestione dell’emergenza, con misure utili a sostenere il mondo produttivo lucano. Ora, però, la vera partita si sposta su cosa saremo in grado di fare di qui ai prossimi mesi. Riteniamo che tra le prime misure da mettere in campo nell’immediato, e comunque non oltre il mese di novembre, ci sia il contratto istituzionale di sviluppo per la Basilicata, rispetto al quale ora si registra uno stallo. Attendiamo, poi, risposte concrete su capitoli importanti quali Zona economica speciale, aree industriali ma anche efficientamento della macchina amministrativa regionale e adeguamento qualitativo e quantitativo della dotazione organica, con la semplificazione degli iter autorizzativi, alcuni dei quali attualmente elefantiaci, come quelli relativi alle fondi di energia rinnovabile. Solo scelte coraggiose e lungimiranti possono tornare ad alimentare la fiducia di cui hanno bisogno imprese e cittadini».

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