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POTENZA – Non un uragano, ma neppure una pioggia primaverile, con il Pil a -8,5%. Il Covid -19 e le misure restrittive prese per fronteggiare l’emergenza hanno lasciato il loro pesante strascico sull’economia della piccola e fragile Basilicata. L’allarme, del resto, lo lanciano da mesi le associazioni di volontariato che si occupano di sostenere le persone in disagio economico.

Una diffusa povertà che ora viene certificata anche dal Rapporto annuale della Banca d’Italia, presentato in videoconferenza ieri mattina. «Le conseguenze della pandemia nei settori produttivi – si legge nel Rapporto – sono state eterogenee nel 2020, riflettendo anche la diversa intensità delle restrizioni».

Ma se negli anni passati la Basilicata poteva contare sulla forza dei colossi internazionali Fca (oggi Stellantis) e Total, Eni e Shell, nel 2020 le cose non sono andate bene neppure in questi ambiti. Nel manifatturiero le vendite di auto prodotte in Basilicata sono calate nei mesi primaverili, per poi tornare a crescere nella seconda metà dell’anno. Ma «le prospettive per l’anno in corso rimangono incerte a causa di persistenti difficoltà di approvvigionamento sui mercati globali».

Nel settore estrattivo, ancora, «il valore della produzione è calato, a causa della forte contrazione dei corsi petroliferi innescata dalla crisi pandemica, ma si è contestualmente registrato un aumento delle quantità estratte riconducibile all’avvio dello sfruttamento del giacimento di Tempa Rossa». Questo si è tradotto, per la regione, in una contrazione delle royalties, «che già sono diminuite del 10,1 per cento nel 2020 (a 110 milioni), dovrebbero calare all’incirca della stessa entità anche nel 2021».

Meno peggio del previsto il settore turistico, dove «il calo delle presenze, più intenso nel primo semestre del 2020, si è attenuato durante la stagione estiva a seguito dell’allentamento delle restrizioni di cui ha beneficiato soprattutto il turismo domestico». L’agricoltura e il settore delle costruzioni sono, di contro, i settori in cui meno si sono registrate flessioni. anche se la produzione agricola è complessivamente in calo del 2,6 per cento (-3,2 in Italia). Ha risentito – secondo il rapporto – della flessione di alcuni prodotti, tra cui l’olio d’oliva, che ha subito una forte contrazione. E sono aumentati i prezzi dei prodotti agricoli, «in misura più intensa della media nazionale (5,4 per cento; 0,8 in Italia), risentendo dei rincari dei prodotti frutticoli e dei cereali».

In termini generali, come prevedibile, il 2020 non è stato un anno positivo: «il fatturato si è ridotto in misura intensa e il saldo tra la quota di imprese in crescita e quelle in flessione è risultato negativo per circa 16 punti percentuali. La crisi pandemica ha anche inciso sugli investimenti».

Risultato: «La pandemia potrebbe aver rallentato il processo di transizione delle imprese per aumentare la propria sostenibilità ambientale». Più colpito il commercio: secondo i dati del ministero dello Sviluppo economico, il numero di esercizi commerciali al dettaglio in sede fissa si è ridotto (0,9 per cento). Il calo, però, non ha riguardato gli esercizi alimentari, anzi lievemente cresciuti. Calo anche nel settore dell’export (-4,4 per cento rispetto al 2019). I risultati economici delle imprese nel 2020, in sintesi, sono peggiorati rispetto all’anno precedente.

La crisi ha causato un sensibile aumento delle esigenze di liquidità: nel 2020 i finanziamenti hanno accelerato (3,6 per cento a dicembre), riflettendo soprattutto il rafforzamento del credito alle imprese: alla fine dell’anno, oltre il 60 per cento delle imprese lucane censite ha fatto ricorso ad una delle due misure varate per aiutarle dal punto di vista della liquidità «e circa un quinto aveva usufruito di entrambe».

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