Uno scorcio di via Pretoria a Potenza
3 minuti per la letturaPOTENZA – In otto anni – tra il 2012 e il 2020 – la città di Potenza ha perso 96 esercizi commerciali di cui 66 nel centro storico e 30 dislocati in altre zone del capoluogo di regione. In controtendenza sono aumentati bar e ristoranti : più 20 nel centro storico e 58 nelle altre aree della città.
Questi i dati del rapporto dell’ufficio studi di Confcommercio sulla “Demografia d’impresa delle città italiane”. Citte italiane che hanno visto la chiusura definitiva di più di 77mila attività di commercio al dettaglio (-14%) e quasi 14mila imprese di commercio ambulante (-14,8%). Secondo l’analisi – si è verificato un cambiamento del tessuto commerciale all’interno dei centri storici che la pandemia tenderà a enfatizzare. Sempre a Potenza gli esercizi commerciali al dettaglio in attività nel centro storico erano 437 nel 2012 per scendere a 392 nel 2018 sino agli attuali 371.
Nelle altre zone cittadine si è passati dalle 479 attività del 2012 alle 462 del 2018. Oggi sono in tutto 449. Numeri già di per sé preoccupanti e che lo diventano ancor più se si tiene conto che in quelle 449 attività commerciali attive è compreso il saldo tra cessazioni e aperture di nuove attività. Altrimenti le “serrande abbassate”, soprattutto nel centro storico, sarebbe numericamente più consistente.
A tenere meglio il settore alimentare (la flessione al ribasso si è attestata sul 2.6 per cento) e quello che, oltre a soddisfare bisogni primari, svolge nuove funzioni, come le tabaccherie (-2,3%). Significativi i cambiamenti legati al modo in cui sono mutati i consumi: tecnologia e comunicazioni (+18,9%) e farmacie (+19,7%), queste ultime diventate ormai luoghi dove acquistare anche prodotti per la cura della persona, come a esempio i cosmetici, e non solo per l’acquisto di medicinali. Il resto dei settori merceologici è, invece, in rapida discesa: si tratta dei negozi, come a esempio l’abbigliamento, che si spostano nei centri commerciali o, comunque, fuori dai centri storici. Riduzioni che vanno dal 17% per l’abbigliamento al 25,3% per libri e giocattoli, dal 27,1% per mobili e ferramenta fino al 33% per le pompe di benzina.
«Tra città e attività economiche – ha dichiarato Fausto De Mare, presidente Confcommercio Potenza – intercorre un antico e duraturo legame sulla base del quale la Confederazione, da tempo, promuove processi di rigenerazione urbana. Indubbia è la funzione sociale delle attività economiche e di servizio, che creano relazioni di prossimità tra persone ed economie locali». Valori emersi «con maggior vigore in epoca di pandemia, quando le piccole e medie imprese urbane si sono dimostrate presidi indispensabili per il benessere collettivo».
E in un contesto, come quello ridisegnato dalla pandemia, «le politiche urbane e territoriali hanno una grande responsabilità nel definire le nuove urbanità». Per tale motivo «andrà ricercata una nuova capacità di pianificazione – ha aggiunto De Mare – soprattutto meno burocratica per dare risposte alle nuove esigenze garantendo la presenza di negozi, servizi, verde e spazi pubblici nei quartieri periferici e favorendo la residenzialità nei centri storici». Per “reagire” «tre le direttrici: un progetto di rigenerazione urbana, innovazione delle piccole superfici di vendita e una giusta ed equa web tax per ripristinare parità di regole di mercato tra tutte le imprese»
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