X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

POTENZA – A Potenza «prosegue il fenomeno di chiusure delle attività commerciali, specie per l’abbigliamento, nel centro storico (una ventina in meno solo negli ultimi due anni)». E’ quanto emerge da un rapporto Confcommercio-Censis.


In un comunicato diffuso dalla Confcommercio Potenza è inoltre evidenziato che nel capoluogo lucano «le imprese attive al 2020 sono 449 in aree non del centro storico e 371 nel centro storico con 93 ‘alimentari’ (47 nel centro e 46 in altre aree). Gli esercizi più numerosi sono quelli di vendita di prodotti specializzati: 303 (160 non centro storico e 143 centro)».


Secondo il presidente di Confcommercio Potenza, Fausto De Mare, «per arginare questa situazione bisognerà agire su due fronti: “Da un lato, sostenere le imprese più colpite dai lockdown e introdurre sistemi fiscali nazionale e locale che vengano incontro ai problemi causati dal calo dei consumi.. Dall’altro, mettere in campo un urgente piano di rigenerazione urbana per favorire la digitalizzazione delle imprese e rilanciare i valori identitari delle nostre città”.

Per combattere la desertificazione commerciale bisogna preservare le attività che rendono viva una città. Tra queste spiccano i negozi di vicinato, il cuore pulsante dei centri urbani. Proprio per questo Confcommercio ha lanciato l’iniziativa “Compro sotto casa perché mi sento a casa”, schierandosi al fianco degli acquisti nei negozi di quartiere. La campagna sottolinea l’importanza sia sociale che antropologica delle attività di quartiere, che contribuiscono a dare vita alle città. Con la pandemia anche i negozi di vicinato hanno dovuto adeguarsi implementando le vendite digitali, personalizzando le proposte commerciali e creando una fitta rete di fidelizzazione della clientela».


Il rapporto poi pone l’accento su un altro dato: « “Per quanto riguarda le attività rimaste attive durante il lockdown, spicca il commercio al dettaglio, che presenta il dato più elevato (52,4%), ed in particolare quello alimentare. Nel 2020 le imprese alimentari hanno migliorato di oltre il 50% il proprio andamento economico, nonostante il peggioramento dei prezzi da parte dei fornitori. Restare aperti per i beni di prima necessità le ha favorite, ma sono state anche reattive nel cogliere le opportunità di sviluppo. Prima della crisi solo l’11% offriva ai consumatori la possibilità di effettuare la spesa online. Oggi invece sono il 31%.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE