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Ecco gli effetti della crisi idrica in Basilicata; e Confcommercio chiede alla Regione lo stato di calamità. “Gli strumenti ci sono”


POTENZA – Ci sono gli effetti visibili, immediatamente riscontrabili. Ossia i rubinetti a secco diverse ore al giorno, i disagi di chi rientra dal lavoro tardi e non può lavarsi, la paura di bere l’acqua del rubinetto perché presa dal fiume Basento, benché potabilizzata.
Ma la scarsità di acqua che ha colpito i 29 comuni lucani serviti dalla diga della Camastra – fra cui Potenza – ha anche effetti collaterali.
Qualcuno ce lo spiega, Angelo Lovallo, presidente della Confcommercio Basilicata: «Sentiamo sempre parlare di “140.000 persone” interessate dal problema. Ma è un racconto falso. Potenza è il capoluogo. Ogni disservizio che ne deriva non riguarda solo i residenti. Ogni giorno l’utenza quanto meno raddoppia, a volte triplica. Potenza arriva di giorno a 150.000 persone, quindi solo nel capoluogo più di quante ne vengono considerate complessivamente nell’area interessata dalla crisi».

E qua entra in ballo il concetto di “filiera”, cioè l’insieme dei soggetti che operano lungo tutto l’itinerario economico di un prodotto o di un servizio.
Considerare la filiera vuol dire questo: «Se in via Pretoria si vende un caffè o un cappuccino in meno perché la macchina non riesce ad andare alla giusta pressione, qualcuno venderà una cialda in meno. Quando questo venditore andrà al bar, il titolare gli dirà: mi dispiace, questa settimana non ne ho consumate molte, torna la prossima volta. E così se un ristorante fa dieci pasti in meno ci saranno chili di pasta e di scarola e magari un po’ di frutta venduti in meno. La cosa certa è che così piano piano l’economia va a diminuire».

Eppure, assicura Lovallo, da parte di molti esercenti c’è stato uno sforzo: «Gli operatori hanno provato a fare quello che potevano, si sono industriati per evitare disservizi. Qualcuno ha fatto l’impossibile, ristoratori che sono andati la mattina in cucina a lavare i piatti. Questo ovviamente vuol dire avere un surplus di lavoro rispetto allo standard, pagare il lavapiatti eccetera».
Oltretutto, questa serie di effetti a cascata crea un altro problema: il danno d’immagine. «Ad esempio – ragiona il dirigente di Confcommercio – se nell’albergo del centro storico l’operatore non può garantire l’acqua nella stanza, che idea si farà di Potenza il potenziale cliente? Io ho sentito di recente un mio collega dirmi: no, non mi fermo a Potenza a dormire stanotte, me ne vado a Salerno». E quindi una cena in meno al ristorante, una colazione al bar saltata il giorno dopo.

Per questo Lovallo ha maturato l’idea di avanzare alla Regione Basilicata una richiesta ben precisa: «Si deve ottenere lo stato di calamità – afferma -. Gli strumenti ci sono. Ma non sappiamo, non lo ha mai dichiarato, se il commissario all’emergenza idrica, il presidente Vito Bardi, oltre ai fondi per finanziare i lavori di somma urgenza per collegare il Basento alla Camastra, ha ricevuto anche soldi per concedere ristori agli esercenti colpiti dal problema. Se ci sono e non viene detto, nessuno ne farà richiesta».
Lovallo specifica meglio il proprio pensiero: «Non chiedo il ristoro in termini monetari: andrebbe bene il rinvio delle rate dei mutui, della scadenza delle bollette. Ci dicono che chiediamo sempre ristori, ma tutta la filiera soffre. Durante le feste era difficile accorgersene, ma da febbraio arrivano conti e contributi da pagare. I problemi usciranno tutti fuori».

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