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Per il deposito nazionale delle scorie nucleari sono 14 le aree lucane ritenute idonee; ma da Genzano arriva un altro No


GENZANO – Deposito nazionale delle scorie radioattive: dopo la pubblicazione a dicembre dello scorso anno dell’elenco dei siti ritenuti idonei e dopo il ritiro dell’autocandidatura di Trino Vercellese, nessun altro Comune si è fatto avanti per ospitare l’impianto. Ora, da fonti vicine alla Sogin (la società pubblica che deve costruire la struttura) si apprende che sarebbe già partita un’attività di valutazione ambientale «strategica» da parte del ministero per le 51 locazioni possibili indicate in tutta Italia. Questa attività dovrebbe durare all’incirca un anno. Al termine, l’indicazione del sito.
Per la Basilicata restano in corsa 14 possibili aree, tra cui 5 nel solo territorio di Genzano, dove sono ancora forti le perplessità, sia da parte degli amministratori che della popolazione, secondo cui il territorio, per sua natura, non si presta ad ospitare questo tipo di impianto.

E ci sarebbero anche altri elementi, oltre a quelli già evidenziati in passato, a supporto del ‘no’ al progetto di stoccaggio dei rifiuti radioattivi. «C’è un aspetto forse dirimente che non è stato considerato nell’individuazione dei cinque siti per la possibile realizzazione del deposito: le aree sono piene di aziende agricole biologiche la cui attività è tutelata dalla legge». Lo sostiene l’ingegner Donato Cancellara, dell’Associazione Vas per il Vulture Alto Bradano ed esponente della Federazione nazionale Pro Natura, da sempre molto attivo nella tutela del territorio lucano.

«La partita da giocare non si è ancora conclusa- rimarca Cancellara – e vorrei scoprire un’altra carta, giusto per non rendere la partita troppo noiosa rischiando di addormentarci: forse il vero intento di chi ci governa. Anestetizzare le masse, creare disinteresse e procedere indisturbatamente senza chiasso e senza lampeggianti accesi. Oltretutto, il pericolo non risiede a Roma, ma nei singoli territori». Cancellara sostiene che la carta che intende tirare fuori scriverebbe la parola fine una volta per tutte alla questione e si cela nell’applicazione del Ca11. Cosa si nasconde dietro questa sigla?

«Si tratta – spiega Cancellara – del Criterio di approfondimento numero 11 della Guida tecnica numero 29 quale riferimento per l’individuazione dell’area che ospiterà la pattumiera nucleare. Tale criterio – continua- titola ‘produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico’. La Sogin ha analizzato l’aspetto relativo ai luoghi di interesse archeologico e storico, ma, guarda caso, ha lasciato ad approfondimenti successivi l’aspetto relativo alle produzioni agricole di particolare qualità e tipicità».

L’ingegnere ricorda che il decreto legislativo 18 maggio 2001, numero 228 ‘Orientamento e modernizzazione del settore agricolo’, tutela con l’articolo 21 la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli ed alimentari Doc, Docg, Dop, Igp, Igt. «A ciò si aggiungono le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell’agricoltura biologica ai sensi del regolamento dell’Unione europea quale aspetto
estremamente sensibile per la Politica agricola comunitaria (Pac) anche nella recente programmazione 2023-2027».

«Da una rapida ricognizione dell’aree Pz-8, Pz-9, Pa-13, Pz-14 e Mt_Pz-6 è facile evidenziare la presenza, spesso ricorrente- sostiene l’ingegner Cancellara – di agricoltura biologica con aziende agricole biologiche storiche. Si sottolinea storiche, nel senso che la loro conversione in biologiche non è avvenuta di recente, quindi in chiave strumentale per contrastare l’operato della Sogin, ma trattasi di aziende biologiche con certificazioni risalenti a svariati anni addietro e facilmente reperibili interfacciandosi con i Caa territoriali oppure direttamente con l’Agea e consultazione del Sistema informativo agricolo nazionale. Queste aree non sono idonee alla collocazione della Pattumiera nucleare».

Infine un’ultima riflessione. Ma è davvero “urgente” la realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi?. Se lo chiede sempre l’ingegner Cancellara, sottolineando come l’urgenza del decreto legge (uno strumento si dovrebbe far riferimento in casi di necessità ed urgenza) «con cui è stata pubblicata la Carta nazionale delle aree idonee» si scontrerebbe, infatti, con la situazione attuale: «Verrebbe da chiedere al Presidente Mattarella ed ai Ministri competenti- fa notare infine Cancellara- a quale urgenza si faceva riferimento visto che dal 9 dicembre 2023 ad oggi, quasi tutto sembra fermo».

Da aggiungere che il comune di Genzano, già nel luglio del 2021, aveva espresso la sua contrarietà alla Sogin, riuscendo a far escludere una delle aree individuate nel territorio bradanico che in origine erano sei. Non solo. Il Comune ha anche presentato ricorso al Tar del Lazio per l’annullamento della proposta del Cnai.

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